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Mondiali Sudafrica 2010: è giunta l’ora per cosa?

Da Matteomonco

township sudafricana.jpgKe nako grida il bambino nella sigla d’inizio delle serate mondiali: è giunta l’ora. Ma l’ora di cosa esattamente?

Potremmo stare qui a parlare dello sproposito di milioni di dollari spesi dal governo sudafricano e dalla Fifa per l’organizzazione dell’evento. Milioni di dollari per costruire nuovi stadi all’avanguardia o per la ristrutturazione dei vecchi. Milioni di dollari per i trasporti pubblici. Milioni di dollari per la sicurezza, per installare telecamere sparpagliate ovunque, che permettano ai turisti un piacevole soggiorno.

Potremmo metterli in relazione alle enormi difficoltà dell’energia elettrica, della sanità o del diritto di avere un’abitazione, che non garantiscono una vita dignitosa a una buona fetta di persone.

Sono trascorsi sedici anni dall’apartheid e il Sudafrica, oggi, sembra avere vagamente perso di vista (o forse mai acquistato completamente) la sua proprietà arcobaleno, la natura multinazionale. Un paese dove convivono undici lingue ufficiali e tradizioni religiose provenienti da tre continenti diversi. In cui le città, anziché essere fiore all’occhiello della convivenza pacifica, sono spesso divise in quartieri per bianchi, per neri e per coloured.

È giunta l’ora che le organizzazioni criminali aumentino il traffico di esseri umani, importando donne per soddisfare il pubblico internazionale. È giunta l’ora di mettere al bando le bancarelle di scarpe, magliette, frutta e verdura, che tutto l’anno popolano le vie delle principali città, per una pulizia d’immagine, ma soprattutto perché i marchi sponsor dei mondiali possano vendere la merce senza pericolo di concorrenza.

Oppure è giunta l’ora di credere a una popolo totalmente integrato? Un popolo formato anche da rifugiati dalle guerre dei paesi vicini, da immigrati irregolari e regolari, tutti visti come ladri di lavoro o di libertà. Un paese in cui l’ultimo fenomeno xenofobo registrato risale al maggio 2008, quando i neri sudafricani hanno incendiato i quartieri più poveri delle principali città, uccidendo 60 persone. Da quel giorno, più nulla è stato registrato. Tuttavia, nel novembre 2009, 1600 persone, tra cui quasi 200 bambini, sono stati cacciati dalle township di Città del Capo, distruggendo le loro case e depredandone gli averi.

C’è qualcosa che non va in Sudafrica, un verme che continua a strisciare e minaccia costantemente l’equilibrio, non del tutto proporzionato, instauratosi. Ciononostante, qualcosa di buono i mondiali lo stanno portando. Tante sono le attività promosse in concomitanza dell’evento. C’è Football for Hope, per esempio, avviato dalla Fifa e deciso a creare dieci comunità in Sudafrica, e altre nel resto dell’Africa, con percorsi educativi ai bambini e ragazzi attraverso lo sport. C’è WLSA – Women and Law in Southern Africa, che punta a contrastare il traffico di vite umane a scopo sessuale, favorendo l’informazione alle forze di controllo e alla cittadinanza. C’è Mondiali al contrario, che ci fa conoscere alcuni grandi leader dei movimenti politici che partono dal basso, dalle baraccopoli, dalle township del Sudafrica. E c’è Altrimondiali, che porta volontari e giornalisti lungo tutta l’Africa, a conoscere la situazione attraverso lo sport, praticato sui campi di terra battuta dei vari villaggi incontrati lungo il percorso.

Qualcosa si muove, è vero, ma il pensiero dei milioni di dollari spesi rimane sullo stomaco. Le ONG sul territorio sospettano, un po’ come faccio anch’io, che quando le luci saranno spente i fenomeni di razzismo si moltiplicheranno. Certo, è presto per dirlo, ma nemmeno troppo difficile da ipotizzare.

L’immagine che voglio lasciare è il modo in cui il Dipartimento dei Trasporti ha deciso di abbellire la zona attorno allo stadio Ellis Park. Senza farsi troppi scrupoli, ha chiesto a un gruppo di guardie private, i Red Ants, di sgomberare gli immigrati dalla zona con la violenza. Alle proteste, un rappresentante delle guardie ha risposto: «È la nostra terra e abbiamo il diritto di aiutare le autorità a sloggiarli. Se la municipalità ci chiede di distruggere questi scarafaggi lo faremo e raderemo al suolo le loro case.»

This time for Africa, canta Shakira. Sì, canta canta…

Film consigliati: District 9

Fonti: Unimondo  Foto: Peacereporter


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