Giornale Siracusa: i figli costano, si sa. Ma non si pensava così tanto. Un’indagine resa nota da Federconsumatori spiega quanto bisogna spendere per un bambino per tirarlo su fino alla maggiore età. si parte dai pannolini – fino a 1.050 euro l’anno per sei cambi al giorno – si transita da omogeneizzati, dvd della Peppa-Pig, paghette (16 euro la settimana la media italiana), apparecchi per i denti. Uno scontrino dopo l’altro, il conto totale da zero a 18 anni è da brividi: 171mila euro (con una media di 9.500 l’anno).
Dal 1960 ad oggi, al netto dell’inflazione, le spese per far crescere i bambini sono cresciute del 23 per cento. Abbiamo provato a risparmiare sull’abbigliamento (-50 per cento il costo in 50 anni), sforbiciato il conto per il cibo, calato dal 25 per cento al 16 per cento del totale.
Per il resto la Bebè Spa come la chiamano in molti, è un’industria a prova di recessione: stanziamo il doppio del 1960 per medicine e dottori. Alle stelle, +1000 per cento, sono schizzate le uscite per educazione e benessere. La parola d’ordine della Baby-economy è una sola: arrangiarsi con quello che si ha. La forbice di spesa è ampia. E si adegua al reddito di papà e mamma – se ci sono tutti e due – e al luogo di residenza: una famiglia italiana che guadagna meno di 22 mila euro – calcola Federconsumatori – paga “solo” 6.300 euro l’anno per svezzare i pargoli (il secondo e il terzo costano il 22 per cento in meno del primo). Il conto di chi ha un 740 da 32.500 euro sale a 9.500 euro, mentre i “Paperoni” con più di 68 mila euro possono permettersi di metterne sul piatto oltre 15 mila.
Il Fondo per i finanziamenti alle famiglie è sceso dal miliardo del 2007 a 45 milioni, un’elemosina. Gli stanziamenti sociali a favore di nuclei con bimbi sono l’1,6 per cento del Pil, contro il 2,3 per cento della media Ocse e il 4 per cento della Francia. Secondo questi studi una donna può spendere prima del parto fino a 1.970 euro tra test di gravidanza, analisi, farmaci, integratori al calcio e arredamento della cameretta. E dalla nascita alla prima candelina il bebè può costare fino a 14 mila euro.
Ci sono aree del paese dove gli asili nido pubblici coprono solo il 5 per cento della domanda. E visti i limiti ai congedi parentali dove al sud le donne non li prendono più per non venir licenziate le mamme italiane sono quelle in Europa più a rischio di perdere il posto di lavoro. Solo il 59 per cento di loro conserva l’impiego dopo aver partorito il primo figlio. Una percentuale da paese arretrato visto che in Spagna siamo al 63 per cento in Germania al 74 per cento e in Svezia addirittura per cento.