La mia unica esperienza nel mondo del baseball risale a quasi dieci anni fa; durante un viaggio a New York decisi di non lasciarmi sfuggire il "rito" della partita degli Yankees allo Yankee Stadium. Risultato: dopo tre ore passate più a osservare le bizzarre abitudini dei miei vicini di posto che quello che (non) stava accadendo in campo lasciai senza rimpianti l'incontro, ancora ben lungi dalla conclusione.
Come potete immaginare, sulla base di questa esperienza senza "nessun rimpianto nessuno rimorso" quando Moneyball uscì in sala l'avevo snobbato; in fondo non si può vedere tutto, e l'ennesimo film sul baseball è proprio il candidato ideale all'esclusione dalla lista dei titoli da non perdere. Feci male, perchè L'arte di vincere non solo è opera non banale di un artista inconsueto come Bennett Miller (Capote), ma - a dispetto dell'apparenza - non è un film sul baseball.
La storia è basata sul libro Moneyball: The Art of Winning an Unfair Game di Michael Lewis dove si racconta della vicenda realmente accaduta alla squadra degli Oakland Athletics. Il general manager Billy Beane si trova a gestire una difficile situazione in cui i migliori giocatori abbandonano la squadra, senza disporre di un budget adeguato ad attrarre altri top players; decide dunque di affidarsi al sistema ideato da Peter Brand (il nome è di fantasia ma il personaggio no), un neolaureato in economia di Yale che ha elaborato un sistema statistico per la valutazione delle prestazioni dei giocatori partendo da dati misurabili (chiamato, appunto, moneyball). L'introduzione di questo strumento nella gestione della squadra porta a fare scelte di mercato apparentemente incomprensibili, oltre che un violento scontro con gli "esperti", i talent scout e l'allenatore della squadra, che non riescono ad adattarsi alla novità. Anche se la squadra fallirà il campionato, il sistema si rivela validissimo, portando alla record della più lunga serie di vittorie consecutive dell'American League.
Brad Pitt (anche produttore) è misurato e credibile nella parte del protagonista, lo smaliziato e coriaceo Billy Beane, Jonah Hill interpreta il giovane Peter Brand, un ruolo che in qualche modo precorre la sua interpretazione in The Wolf of Wall Street. Philip Seymour Hoffmann dopo la ridda di premi vinti per Capote non può negarsi a Bennett anche in un ruolo del tutto secondario come quello del coach Howe.
Ottima crew tecnica: oltre a un Miller bravissimo nel mantenersi equidistante fra tre generi: commedia, dramma e sportivo, troviamo Wally Pfister, il direttore della fotografia di Nolan; il casting, azzeccatissimo, è curato da una vecchia pellaccia (augurandomi che la signora non legga mai queste parole) Francine Maisler, una vera eminenza grigia di Hollywood.
Come dicevo prima Moneyball non è un film sul baseball, è un film sull'innovazione e su quanto sia difficile introdurre innovazioni radicali in un'azienda o un mercato consolidati. Bean e Brand sono gli innovatori, ma le resistenze all'introduzione di una maggiore scientificità nel baseball sono enormi. Gli scout hanno l'esatto atteggiamento "abbiamo sempre fatto così/tutti fanno così" che rappresenta la principale minaccia a qualsiasi tentativo di innovazione, il coach Howe è invece l'uomo a cui non devi andare a dire come deve gestire la sua squadra, in fondo ha trent'anni di esperienza e una professionalità riconosciuta! Un aspetto molto interessante è come anche di fronte ai risultati l'atteggiamento di questi rimanga sullo stile "avete avuto fortuna, ma io so che non si dovrebbe fare così"
Un film interessante che solleva una tematiche non banali, mantenendo un certo grado di humour grazie anche alla recitazione di ottimo livello. Non si viene stupiti da effetti speciali e il ritmo non è particolarmente avvincente, però è un film che andrebbe proiettato in tutte le scuole di business e non al primo anno, ma verso la fine dei corsi, quando ci si può già rendere conto di com'è fatta davvero la vita in azienda. Punto non secondario Billy Beane dopo aver rivoluzionato il mondo del baseball sceglie di non specularci su: guadagna già abbastanza così, ama il suo lavoro negli Athletics e in fondo "come si fa a non essere romantici quando si parla di baseball". In un colpo solo salva il film dalla retorica del sogno americano e iscrive di diritto il personaggio di Brad Pitt fra i migliori beautiful losers di sempre.
2011 - L'arte di vincere (Moneyball)
Regia: Bennett Miller
Fotografia: Wally Pfister
Musiche: Mychael Danna
Casting: Francine Maisler