Maria e Riccardo Bianco di Mongioia sono una bella coppia del vino, di quelle da conoscere davvero. Li ho incontrati anno scorso al Merano Wine Festival, dove ho scoperto che qualcuno valorizza i differenti Cru anche sul Moscato d’Asti, declinandoli in diverse versioni che ruotano attorno alla tradizione del Moscato d’Asti, rivoluzionandola da dentro.
Ricordo
bene il Crivella 2003, Moscato d’Asti affinato circa 10 anni in bottiglia. Sembra incredibile ma anche il moscato d’Asti, se fatto a regola d’arte sa regalare belle emozioni con l’evoluzione, e il fatto che fosse stato selezionato per il MWF lo dimostra. Ma ancora di più lo dimostra il suo calice, riprovato proprio in occasione del Cheese di quest’anno, a Bra, dove un vino del genere va a nozze, con una Robiola di Roccaverano come con un Castelmagno giovane, tanto per restare in regione. L’evoluzione arricchisce l’olfatto di sensazioni di miele, cera, castagne, frutta tostata e crema al limone. La bollicina diviene sofficissima e microscopica, un lieve solletico che sfiora il palato, mentre il sapore e la freschezza si protraggono eleganti. Bicchiere dove la dolcezza si profila in grande equilibrio, ideale a fianco di sensazioni sapide del cibo.Dicevo che sono una coppia da conoscere, così in occasione del weekend lungo in Langa di qualche settimana fa il primo appuntamento in agenda è stato proprio quello da Mongioia, la loro azienda, così ribattezzata dalla vendemmia 2014 e nota precedentemente con le etichette di Marco Bianco. Si arriva a Santo Stefano Belbo, in una giornata che specchia il sole sulle foglie di moscato che già virano ai toni dell’oro dopo la vendemmia. Dolci colline che poco distano dalle Langhe e che serbano in seno vini quasi opposti ai profondi e austeri Barolo e Barbaresco. Qui è terra di moscato, che trova bellissime espressioni. Riccardo Bianco è ben consapevole del patrimonio che ha per le mani, fatto di vecchie vigne anche di 70 anni, in posizioni strategiche, con suoli ed esposizioni differenti. E da ogni parcella cerca l’interpretazione più congeniale.
Così nasce il Leonhard, dedicato al figlio primogenito di Maria e Riccardo, un moscato vinificato fermo e a secco, con solo pochissimi grammi residui, tranne nel 2013 quando quasi per sfida lo portò 0 (o meglio a 2 grammi/litro, la quantità di zuccheri infermentescibile). Lo assaggiamo quell’esperimento del Leonhard 2013, davvero secco e tagliente, di grande prospettiva, austero, ma compresso nel finale di bocca, linfatico e con suggestioni minerali conchigliose da Sancerre. Tutta un’altra espressione, dovuta anche all’annata, più problematica ma gestita con attenzione nelle scelte vendemmiali, quella del Leonhard 2014, forte di sensazioni floreali vive di lavanda, foglia di mandarino e mela fresca. Buonissimo al palato, con qualche grammo a dargli l’equilibrio e la rotondità che ne allunga il finale con grande slancio.E un’altra bellissima produzione di questa piccola cantina è il
Meramentae 2012. “Con questo mi ha conquistato Riccardo al primo appuntamento” ci racconta ridendo Maria, e lui aggiunge che gliene vendette subito un cartone. Quella bottiglia fece nascere un amore e senza dubbio sembra far nascere anche una possibile nuova strada del moscato, quella del metodo classico, o meglio un metodo non proprio classico, anzi una vera propria esclusiva di Riccardo che ne sta brevettando le tecniche, che consta comunque, in definitiva di una presa di spuma in bottiglia. E’ sorprendente come aromi di pasticceria si fondano all’agrume di arancia e cedro, e la pera l’ananas e il muschio si uniscono a note di miele balsamico. Intrigante l’intreccio in bocca, dalla bolla piacevole e dal piglio fresco e sferzato di sapore. La struttura c’è, ineccepibile, con 12 gradi e un dosaggio bassissimo, da extra brut praticamente. Da spiazzare i più abili e scafati degustatori!Ma nella linea ci sono anche due Moscato d’Asti più consueti, come La Moscata, primaverile e fresca, gioiosa tra fiori bianchi e frutti esotici, e il Belb, sempre vinificato dolce, con pochi gradi di alcol e zuccheri al giusto livello per dare piacere senza mai stancare. Me lo berrei anche in aperitivo tanto è rinfrescante nelle note di lime, timo e fiori di campo, e dalla beva più rilassante di una passeggiata sulla spiaggia.
Infine non poteva mancare l’assaggio del Crivella 2011, l’ultimo uscito sul mercato, che mostra una bolla più presente ma già molto fine, un colore di oro pieno dai cenni ramati, con un bagaglio olfattivo intenso e variegato, con spunti di erbe aromatiche, muschio, ananas grigliato, nocciola, fiori di zagara e camomille. Bocca impeccabile, di sinuosa eleganza, profondo piacere, lungo ricordo, e tanta vita davanti, per chi avrà la forza di non stapparlo e tenerlo in cantina qualche anno.Andando in Piemonte, in direzione delle Langhe, vale la pena fare una tappa tra le colline di Santo Stefano Belbo, in frazione Valdivilla, da questa coppia generosa e sorprendente, due giovani entusiasti e capaci, determinati e simpatici, che col Moscato ci sanno fare davvero, e possono emozionare chiunque. Credetemi.
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