Tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. E fra un legge approvata e la sua attuazione ce ne sta altrettanto. Ad oggi il Governo non fa chiarezza sullo stato dei Decreti attuativi, mostrando una timida trasparenza che però non risolve il problema.
Quando il Governo vara una riforma e questa viene poi votata dal Parlamento, sembra che i giochi siano fatti. Ecco perché, tra l’altro, si insiste così tanto sulla necessità di abolire il bicameralismo e riformare il Senato, in modo da ridurre i tempi e rendere l’azione del Governo più efficace, la cosiddetta governabilità. Ma non è proprio così.
Fatta la legge e pubblicata in Gazzetta, comincia in verità un’altra storia, meno nota ma non meno importante: quella in cui le decisioni devono essere attuate. Nella grande parte dei casi le norme approvate dal legislatore – norme primarie – sono, infatti, norme generali che, per poter produrre effetti nella realtà, hanno bisogno di norme più particolari – norme secondarie – di competenza dei Ministeri.
Senza queste disposizioni amministrative le leggi e le riforme sebbene proclamate entrano in realtà nel limbo dove possono restare sospese per anni e dal quale in alcuni casi non escono più. La legge senza il decreto ministeriale che le da attuazione è un’arma spuntata, non produce effetti (ad oggi sono circa 300 i provvedimenti che devono ancora essere adottati per attuare norme che risalgono ai governi Letta e Monti).
Tecnicamente si chiama attuazione amministrativa delle norme e al suo monitoraggio è dedicato un ufficio apposito della Presidenza del Consiglio dei Ministri che fa capo al Ministro Boschi. L’ufficio per il programma di Governo svolge appunto un compito essenziale che è quello di aggiornare sullo stato di attuazione per tenere il conto dei provvedimenti attuativi prodotti e da produrre per ciascun provvedimento normativo approvato dai passati governi e da quello attuale.
Quando giusto un anno fa la Presidenza del Consiglio dei Ministri, su iniziativa dell’allora Segretario Generale Mauro Bonaretti, chiese al Tavolo Civico (un insieme di soggetti variamente interessati al tema della trasparenza) di avanzare proposte per migliorare la trasparenza di Palazzo Chigi, Openpolis ha proposto la pubblicazione dei dati del monitoraggio dell’attuazione delle norme: i dati grezzi (di dettaglio) e in formati aperti (open data), per essere elaborati da computer e quindi riusati.
Passare dai report periodici attuali in formato inservibile (pdf immagine) e con dati aggregati, ad un monitoraggio trasparente e aperto, abbiamo pensato potesse essere scelta coerente da parte di un Governo che intenda rendere conto “passo dopo passo”, e quindi per mettere a disposizione i dati effettivi prima, o almeno insieme, alle slide.
Purtroppo – malgrado vari incontri con dirigenti e funzionari – ad oggi nel nuovo sito dell’Ufficio gli unici dati pubblicati riguardano solo tre provvedimenti per i quali è stato avviato un monitoraggio avanzato.
Eppure non costerebbe neanche un centesimo o un’ora di lavoro in più, semplicemente perché i dati che chiediamo vengono già prodotti con il dettaglio e nei formati che occorrerebbero, anzi il lavoro aggiuntivo l’ufficio lo deve fare proprio per “chiudere” i dati e produrre i report periodici in Pdf (dove, peraltro, non c’è dettaglio sull’attuazione dei provvedimenti del Governo Renzi mentre ce ne sono di più per i Governi precedenti).
Per approfondimenti:
- Politica più open in 5 mosse, ecco cosa dovrebbe fare Renzi
- 10 punti irrinunciabili per un Freedom of Information Act (Foia)
- 5xMille ad Openpolis, la trasparenza che si vede