Jary Cardoso, giornalista brasiliano, nel mese di novembre 2013, ha intervistato il professore Luiz Alberto Moniz Bandeira, membro del consiglio scientifico di “Geopolitica”. Riportiamo a continuazione il testo integrale dell’intervista tradotto in lingua italiana.
Il geopolitico Luiz Alberto Moniz Bandeira, di anni 77, è stato presente nella recente Fiera del Libro di Francoforte per la presentazione delle edizioni dei suoi libri in tre lingue: in mandarino, “Formazione dell’Impero Americano”, pubblicato quest’anno in Cina e che, nel 2005, gli è valso il Premio Juca Pato, conferito dall’Unione Brasiliana degli scrittori; in tedesco, la seconda edizione di “Il miracolo tedesco e lo sviluppo del Brasile”; e, in portoghese, “La Seconda Guerra Fredda – Geopolitica e dimensione strategica degli Stati Uniti“, editoriale Civilização Brasileira, libro, questo, che è l’oggetto di questa intervista.
Luiz Alberto Moniz Bandeira, del quale si può dire che è un “baiano da gema”, considerato che discende direttamente dalla Casa da Torre di Garcia D’Ávila, collaboratore de “A TARDE” da quando aveva 16 anni, radicato da molti anni in Germania, con oltre venti libri pubblicati, è il più importante accademico brasiliano specializzato in politica internazionale, notoriamente in politica esterna degli USA.
Egli pensa, come il filosofo italiano Antonio Gramsci, che:
“un grande libro di storia è quello che nel presente aiuta le forze che si stanno sviluppando a diventare concretamente più attive e fattive”.
Sulla base di copiosa documentazione e di diverse fonti, “La seconda Guerra Fredda” è una contribuzione molto importante per la nostra comprensione del mondo d’oggi, dice il geopolitico francese Alain Rouquié.
Nel libro l’autore mostra, con un testo squisito, che gli USA, impero decadente e per ciò stesso più pericoloso, mantengono, con il presidente Barack Obama, la strategia di ricerca di una dominazione totale del pianeta. I principali scenari della nuova guerra fredda sono le regioni tra l’Asia Centrale ed il Mar Caspio (cuore dell’Eurasia), Medio Oriente e nord Africa, dove gli USA lottano contro la presenza di Russia e Cina.
La guerra fredda non è terminata con lo smantellamento dell’Unione Sovietica?
La guerra fredda, iniziata dopo la seconda Guerra Mondiale, che ha spiegato, inoltre, la prima Guerra Mondiale, non è terminata, propriamente, con la fine dell’Unione Sovietica. Essa non è stata sconfitta militarmente. La Russia ha continuato come suo successore giuridico ed ha ereditato tutto il suo potenziale militare. Conta su circa 1.800 testate nucleari strategiche operative e 2.700 di riserva, contro 1.950 operative e 2.500 di riserva degli Stati Uniti. Il potere militare delle due potenze è equivalente. A parte la dura crisi economica e politica che ha abbattuto la Russia negli anni ‘90, essa è tornata a rianimarsi, e la guerra fredda si è riaccesa. Gli USA hanno cercato e cercano lo status di potenza egemonica, capo e guida di un sistema ultraimperiale delle potenze occidentali, attribuendo alla NATO il monopolio della violenza internazionale. Tuttavia, si affrontano con la Russia e con la Cina, come si evidenzia in Siria. La prima guerra fredda non è stata caratterizzata solo dalla corsa agli armamenti, ma anche per essere stata una guerra per procura scatenata da organizzazioni non statali o attraverso altri Stati vassalli.
L’Eurasia è una delle regioni della nuova guerra fredda?
L’Eurasia è tutta la regione che si estende dall’Europa all’Asia. Il cuore, denominato Heartland da Sir Halford John Mackinder, si situa tra l’Asia Centrale ed il Mar Caspio, comprendendo il Kazakhistan, l’Armenia, l’Azerbaijan, il Khirghistan, il Tajikhistan, il Turkmenistan, l’Uzbequistan, paesi dove gli USA hanno cercato di estendere la propria influenza e dominio, dopo che l’URSS si era smembrata, non solo per le ricchezze energetiche – gas e petrolio – per la costruzione di dotti per il loro trasporto, ma anche per circondare la Russia e contenere l’avanzata della Cina. Da qui lo sforzo per espandere la NATO, lo stabilimento di basi in alcuni di questi paesi, il pretesto della guerra in Afganistan e contro il terrorismo, la promozione delle cosiddette “rivoluzioni colorate” realizzate in Ucraina, Georgia, Serbia etc. e le rivolte che si sono sviluppate nel Nord Africa e nel Medio Oriente sotto il nome di “primavera araba”. L’obiettivo strategico dell’ex presidente George W. Bush, è stato approvato dal presidente Barack Obama. Questo significa che l’impero americano intende legittimare il monopolio della violenza organizzata, terminare con l’ONU, una volta che, col potere di veto, Russia e Cina si oppongano molte volte ai suoi disegni, ed assumere un potere incapace di rispettare la vita umana.
Dopo il successo nell’estrazione di scisto bituminoso, gli USA non smetteranno di occuparsi tanto di Medio Oriente?
Lo scisto bituminoso, dai tempi più remoti, è sempre stato usato come combustibile. Negli USA, la dimensione delle fonti di olio e gas di scisto è aumentata negli ultimi cinque anni. Tuttavia, l’esplorazione dello scisto bituminoso non elimina, in nessuna ipotesi, la preoccupazione del dominio del maggior numero di fonti di energia, come gas e petrolio. Gli Stati, per motivi strategici, e le grandi compagnie petrolifere, per interessi economici, vogliono ed hanno sempre tentato di conquistare e mantenere il monopolio delle fonti di energia. Getúlio Vargas nel 1947 dichiarò che:
“In materia di petrolio, tutto ciò che la nostra immaginazione suggerisce è poco di fronte a ciò che può accadere”.
Un impero in decadenza diventa più pericoloso di uno in fase di conquiste. Nel caso degli USA, qual è il pericolo più grande che rappresentano?
Il grande brasiliano Ruy Barbosa, citando il libro “L’illusione Americana”, di Eduardo Prado, afferma che non si prende sul serio il Diritto internazionale se non tra le potenze le cui forze si equilibrano. Questa lezione deve guidare la strategia di sicurezza e difesa del Brasile. Non c’è dubbio che una grande potenza, tecnologicamente superiore, ms con enormi carenze, soprattutto di energia, rappresenta un pericolo molto più grande quando sta perdendo la supremazia, e vuole mantenerla, di quando espande il suo imperio ed ha bisogno di legittimità, accettazione del dominio da parte delle altre nazioni. Le minacce, per quanto possano sembrare remote, esistono, dato che scoperte di riserve di petrolio negli strati del pre-salt, lungo la costa, suscitano ambizioni straniere. Lo spionaggio della NSA (Agenzia per la Sicurezza nazionale degli USA), della quale ho parlato anche nel mio libro “Formazione dell’Impero Americano”, è uno strumento per condurre le operazioni di informazione, e le ONG, finanziate da entità americane, come USAID (Agenzia per lo Sviluppo Internazionale degli USA), secondo l’ex-direttore della CIA William Colby, possono promuovere apertamente, senza controversia, molte operazioni di sovversione, prima condotte copertamente. Lavorerebbero in coordinazione con il Dipartimento di Stato, CIA ed Ambasciate degli USA.
Ci parli delle sue relazioni personali con gli USA.
Ho vissuto dei mesi a Washington, durante il governo del presidente Jimmy Carter, un uomo onorato che non ottenne un secondo mandato a causa di manovre disoneste da parte di Ronald Reagan e della CIA. Ho molti amici negli USA, intellettuali importanti, accademici, diversi di loro, come Jan K. Black, Frank McCann, Piero Gleijes e Peter Kornbluh, hanno scritto prefazioni ai miei libri. Ed ho molta nostalgia dello scienziato politico Brady Tysson, mio amico, che fu assistente dell’Ambasciatore Andrew Young e, como vice capo delegazione americana nella Comissione dei Diritti Umani dell’ONU, chiese scusa al Cile, nel 1977, per il ruolo che gli USA svolsero nel golpe militare contro il governo socialista di Salvador Allende. Tuttavia, il fatto è che, del distaccamento del CENIMAR [Centro di Informazioni della Marina brasiliana], che mi catturò nel 1969, faceva parte uno straniero, agente della CIA. Parlava male il portoghese, con un forte accento ed un occhio azzurro malconcio, e disse di essere ceco, tenendo segreta, senza dubbio, la sua reale nazionalità, certamente americana.
Lo spionaggio americano, molto in evidenza nei notiziari, è un tema molto presente nei suoi studi.
Lo spionaggio costituisce un elemento essenziale nella storia degli USA, un paese che, in 237 anni di esistenza, dalla sua fondazione, nel 1776, è stato coinvolto nelle guerre per 212 anni, con solo 25 anni di pace. Durante la guerra di Indipendenza, George Washington, sulla carta, scrisse della necessità ed urgenza di raccogliere buona intelligenza. Risulta che la sua prima spia professionale fosse Thomas W. Knowlton, che servì come colonnello dei rangers nella Rivoluzione Americana col compito di raccogliere intelligenze. Con lo sviluppo della tecnologia, gli USA, prima della II Guerra Mondiale, approntarono un efficiente sistema di intercettazione e decifrazione di codici, che intercettò i messaggi di Tokio e seppero che il Giappone avrebbe cominciato la guerra nei primi giorni di dicembre del 1941. Molti messaggi intercettati indicavano inequivocabilmente l’interesse del Giappone per la squadra americana che stazionava a Pearl Harbor. Non si ottenne un’informativa conclusiva del fatto che il Giappone avrebbe attaccato Pearl Harbor, ma c’erano indicazioni certe che qualcosa di significativo sarebbe accaduto. L’attacco a quella base navale, quindi, non sorprese Washington. Mostro ciò che accadde nel mio libro “Formazione dell’Impero Americano”.
La Seconda Guerra Fredda si presenta come storia del presente, visto che, per l’autore, politica e storia sono strettamente vincolate.
L’ipocrisia è una costante della politica estera degli USA. Il presidente Barack Obama sollevò la questione delle armi chimiche, utilizzandola come pretesto per invadere la Siria e promuovere il cambiamento di regime, cosa che gli USA stavano tentando di fare da diverse decadi. Ma, durante la guerra in Vietnam, le forze armate statunitensi intrapresero ed ampliarono la guerra chimica e batteriologica. Non si possono dimenticare le terribili bombe al napalm lanciate su Vietnam e Cambogia, tra il 1965 ed il 1972. Questa sostanza – il napalm – è una miscela di polistirolo plastico, benzina e gasolio, che forma una specie di gelatina, che, quando viene accesa, ribolle fino a 212° Farheneit ed eleva la temperatura fino ai 1.500- 2.200° F , fissata nel corpo della vittima. L’agente Orange fu un’altra arma chimica usata dagli USA che, secondo la Croce Rossa del Vietnam, causò 4,8 milioni di morti e la nascita di circa 400.000 bambini con handicap. Gli USA hanno sempre bisogno di creare minaccie, al fine di giustificare la domanda di nuovi armamenti ed alimentare con risorse finanziarie al complesso industriale-militare, sostentacolo della sua economia. Negli ultimi anni, nessun settore economico è cresciuto tanto quanto l’industria degli armamenti, da lì il desiderio malato di guerre, non solo del presidente George W. Bush, ma anche del premio Nobel per la Pace, il presidente Barack Obama, le cui spese militari, dell’ordine di 685,3 miliardi di dollari nel 2012, sono stati superiori del 69% in termini reali rispetto al 2001, quando è cominciata la “guerra al terrore”, in Afeganistan, nel 2013, con l’invasione dell’Iraq.
E sono industrie degli USA?
Sì. Delle 100 industrie più grandi di armamento ed equipaggiamento bellico che più hanno guadagnato con le spese di guerra, secondo l’Istituto d’Inchiesta sulla Pace di Stoccolma (Sipri), 47 sono degli USA. Esse hanno monopolizzato il 60% delle vendite totali di armamenti prodotti, da cui la correlazione tra spese militari ed aggravamento del debito pubblico degli USA.
Dal 1776 gli USA sono stati impegnati in 212 anni di guerra, con soltanto 25 anni di pace.
Gli USA hanno bisogno di creare minacce per alimentare il complesso industrial-militare. Soltanto il diritto internazionale è preso sul serio tra potenze le cui forze se equilibrano.
(Traduzione dal portoghese di Simona Bottoni)