Magazine Cultura
Ho delle serie difficoltà a scrivere la recensione di questo romanzo. Scrivo, poi cancello, poi riscrivo e cancello di nuovo, incapace di tradurre in parole quello che c'è nella mia testa da quando ho chiuso il libro. Perché ci sono dei libri che ti fanno male. Che DEVONO farti male. Libri che ti danno pugni nello stomaco forti, mascherandoli da carezze. Libri che ti entrano dentro e ti fanno riflettere e aprire gli occhi su un mondo che non è per nulla distante dal tuo, mostrandoti la sua crudeltà e la sua durezza. Una crudeltà e una durezza quotidiane, che riguarda e che tocca tutti: le vittime, i carnefici, i testimoni che avrebbero potuto fare qualcosa e non l'hanno fatto, vuoi per paura, vuoi perché semplicemente non lo sapevano.
Il protagonista di questa storia è Patrick, un ragazzo innamorato di un altro ragazzo. Un ragazzo che per questo amore resiste al bullismo di cui è vittima. Resiste alle minacce e alle offese, come quel "6 1 frocio" inciso con pennarello indelebile sul suo armadietto. Resiste ai furti, ai dispetti e al menefreghismo di chi potrebbe salvarlo ma non lo fa perché ha paura di ammettere quanto si riconosca in lui. Resiste ai genitori, le persone che più dovrebbero amarlo al mondo, che gli implorano di non essere così, di non essere omosessuale, di aspettare che passi questo periodo di confusione. Ma quando l'altro ragazzo si tira indietro, perché spaventato, perché confuso, Patrick non resiste più. E si uccide. Portando così alla luce tutte le ipocrisie, la cattiveria, il menefreghismo ma anche la fragilità delle persone che ruotano intorno a lui e che a poco a poco, iniziano a fare i conti con se stessi. Conti che non sempre tornano, ovviamente.
Alla fine della lettura, davvero scorrevole, si resta stravolti. Al punto che non si sa nemmeno contro chi puntare il dito, sebbene si abbia una voglia matta di farlo, per vendicare la morte così assurda di un ragazzo semplicemente innamorato. Si può puntare il dito contro una ragazzina indubbiamente cattiva, indubbiamente egoista, ma anche indubbiamente innamorata, di un amore morboso, come lo è stato da sempre quello dei suoi genitori? Si può puntare il dito contro un ragazzo che sa dentro di sé di amarne un altro ma che ancora non ha il coraggio o la forza di ammetterlo? Si può puntare il dito contro la prima reazione dei genitori, una reazione sconvolta, esagerata, ma che non ha avuto a disposizione il tempo necessario per ridimensionarsi? Si può puntare il dito contro un uomo di più di cinquant'anni che vive con un altro e che allo stesso tempo è il preside di una scuola cattolica e che per paura, viltà, stabilità, non riesce a fare nulla? Si può, certo, contro tutte queste persone. Ma l'autrice ci fa anche capire che c'è qualcosa di più profondo, qualcosa che questo dito una volta puntato lo fa un po' vacillare. Sono tutti colpevoli, ma anche tutti vittime di una società che schiaccia e rende inerti e contro cui non tutti hanno la forza di ribellarsi. La domanda che principalmente ti assilla una volta arrivati alla fine è: "ma io come mi sarei comportato?", "ma io avrei davvero potuto fare qualcosa?". E per quanti sforzi tu faccia, non riesci a rispondere. E capisci quante sfumature, belle ma anche crudeli, può avere l'amore. Forse davvero solo gli unicorni potranno salvarci.
Una lettura dolorosa, che merita davvero.
Nota alla traduzione: nulla da segnalare!
Titolo: Monoceros
Autore: Suzette Mayr
Traduttore: F. Gamberini
Pagine: 331
Anno di pubblicazione: 2012
Editore: Miraviglia editore
ISBN: 978-88-89993-23-1
Prezzo di copertina: 17,00 €
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formato brossura: Monoceros
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