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Montaigne e l'amicizia

Creato il 17 gennaio 2012 da Tiba84
Montaigne e l'amicizia"Tutti i ragionamenti del mondo non potrebbero allontanarmi dalla certezza che ho delle intenzioni d ei giudizi del mio. Non di potrebbe presentarmi alcuna sua azione, qualunque aspetto avesse, senza che io vi trovasi immediatamente l'impulso che l'ha prodotta. Le nostre anime hanno camminato così unite, si sono considerate con affetto tanto ardente, e con pari affetto si sono scoperte l’una all’altra fin dal più profondo delle viscere, che non solo io conoscevo la sua come la mia, ma certo mi sarei più volentieri affidato a lui che a me stesso.
 Non mi si mettano su questo piano le amicizie ordinarie: le conosco quanto un altro, e delle più perfette nel loro genere, ma non consiglio di confondere le loro norme: ci si ingannerebbe. In queste altre amicizie bisogna procedere con le redini in mano, con prudenza e precauzione; il legame non è annodato in modo che non si debba assolutamente diffidarne. Amatelo diceva Chilone [Sparta, VI sec. a.C. – 549 a.C. c.a., uno dei sette saggi] come se doveste un giorno odiarlo; odiatelo, come se doveste amarlo. Questo precetto tanto obbrobrioso nel caso di tale amicizia signora e sovrana, è salutare nella pratica delle amicizie ordinarie e abituali, per le quali bisogna adoperare la frase che Aristotele aveva tanto familiare: "Amici miei, non esistono amici!"." (Saggi, I, 28)

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