Quando cala la notte, oltre alla luce scompare anche quel senso di grandezza che si avverte quando si guarda la collina dei giganti di pietra, la casa delle statue che raccontano il passato glorioso della Sardegna.L’importanza dei tempi andati non si percepisce quando il buio avvolge le colline del Sinis e la casa dei guerrieri diventa una tavola nera su cui chiunque può imprimere il suo segno. I controlli ci sono, bisogna dirlo, ma sono sporadici e comunque molto lontani da quello che ci si aspetterebbe per un sito che custodisce, ormai lo dicono anche gli esperti, il ritrovamento archeologico più importante degli ultimi 50 anni.
Nella notte tra ieri e avantieri, quando vento, pioggia e grandine erano le uniche presenze iscritte all’albo dei visitatori del sito, lo scavo era deserto. E buio. Le condizioni ideali per un blitz dei temutissimi tombaroli con il vizietto del nuragico. Presenze ormai sbiadite, quelli veri battevano il Sinis e seminavano danni quando i giganti erano appena ritornati alla luce, che comunque avevano giustificato alcune misure tampone adottate dopo che due tombe erano state violate durante la fase di scavo. Probabile che si trattasse di principianti alla ricerca di un improbabile colpaccio più che di un tombarolo esperto. Comunque, è stato
lo spunto per una gara di solidarietà nata per proteggere il sonno dei giganti. Il primo a entrare in azione era stato Mauro Pili. Il deputato aveva affittato due torri faro per illuminare il sito. La luce, però, era durata solo qualche giorno e poi era stata spenta. Subito dopo era partita la fuga in avanti di uno dei responsabili dello scavo che aveva pagato di tasca due notti di lavoro di una guardia giurata. Un’idea rimasta in piedi anche nei giorni successivi, quando però la paga era arrivata dall’Università di Sassari. Qualche tempo dopo, nel periodo natalizio, era stata la volta dei camper e delle roulottes di Nurnet che avevano assicurato la copertura fino alla notte del 6 gennaio. Da allora più nessuno ha presidiato Monte Prama, se non le parole di chi ha annunciato un allaccio elettrico (mai realizzato), un sistema di videosorveglianza (di cui si sono perse le tracce) e un impianto di telecamere termiche, promesso di recente ma ancora ipotetico.Avantieri notte si sono affacciati i carabinieri della stazione di Cabras, circa venti minuti dopo la mezzanotte, ma il sito è rimasto deserto per gran parte della notte.Anche la recinzione, che in ogni caso copre solo uno dei quattro lati che racchiudono lo scavo, ha stupito i pochi che hanno avuto l’idea di trascorrere una notte di tempesta a ridosso degli scavi. Una parte della rete di plastica arancione, quella svolge il ruolo del cancello, è stata abbattuta dal vento e lo scavo dava l’impressione di essere aperto, oltre che abbandonato. Varcare la soglia, e avventurarsi verso l’area di scavo, era un gioco talmente facile che non valeva nemmeno la pena di essere giocato.Gli unici elementi di disturbo erano quelli forniti dalla natura, efficaci e low-cost ma decisamente imprevedibili. Pioggia e vento hanno sferzato Monte Prama per tutta la notte mentre il freddo contribuiva a proteggere il sito consigliando una nottata davanti al caminetto piuttosto che nei pressi di un sito archeologico dall’aspetto trasandato e poco rassicurante. Un sito che è stato il teatro di tante parole ma di pochissimi fatti. I giganti sono ormai un simbolo della Sardegna e sembra quasi impossibili che quelle statue e quei modelli di nuraghe arrivino da un cantiere dove anche la luce di una lampadina elettrica sembra solo un sogno di una notte di mezzo inverno.Fonte: La Nuova SardegnaImmagine sopra di Sardegnalive.net
Immagine sotto di Meana Sardo Archeologica