Gentile Stefano Montefiori,
spiace leggere una analisi tanto superficiale sulla lotta all’omofobia nella scuola comparsa sulle pagine del “Corriere della Sera”. Lei critica una dichiarazione di Najat Vallaud-Belkacem, portavoce del governo francese, che in una intervista chiede giustamente che i testi scolastici raccontino anche l’omosessualità di scrittori e personaggi storici ove caratterizzante l’opera o della vita dell’autore stesso. In Italia si parlerebbe ad esempio di Sandro Penna, di Pier Paolo Pasolini e così via.
Lei trascina il ragionamento fino ad improbabili outing della vita privata, di questo o quell’autore gay. Ma nessuno ha mai parlato di questo, tantomeno la portavoce che palava della coppia omo Rimbaud e Verlaine.
L’evidente fastidio che lei prova nel fare i conti con il desiderio di Giulio Cesare, Alessandro Magno, Luigi XIII la porta a concludere ingenerosamente che di questo passo si passerà, per i gay, “dall’esecrabile obbligo di nascondersi all’obbligo di mostrarsi, e non è detto che quest’ultimo sia più accettabile”.
Se non è assolutamente chiaro chi abbia obbligato chi e soprattutto a fare che cosa, ci può spiegare come e perché non sia accettabile per un omosessuale mostrare, ad esempio, sul lavoro di avere un marito, un compagno, un fidanzato o una frequentazione saltuaria? Perché non è accettabile che una lesbica presenti la sua compagna ai propri familiari piuttosto che la nasconda?
Visto poi, come lei sostiene che “l’orientamento sessuale può restare una questione privata”, è accettabile nascondere di convivere con il proprio uomo alla propria cerchia di amici? Ad una rimpatriata scolastica con mogli e figli è accettabile, se omosessuali, non essere accompagnati con il proprio partner?
Stefano Bolognini