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Monti, Alesina, Giavazzi e le cure che uccidono

Creato il 23 gennaio 2013 da Keynesblog @keynesblog
Monti, Alesina, Giavazzi e le cure che uccidono

Francesco Giavazzi e Alberto Alesina ieri sul Corriere della Sera:

Senza austerità, in Italia come in altri Paesi europei, non vi sarebbe stata più crescita ma spread alle stelle, una probabile ristrutturazione del debito, scricchiolii nei bilanci delle banche: insomma, il rischio di un altro 2008.

In Grecia, con l'austerità, la ristrutturazione del debito (leggasi: default controllato) c'è stata ugualmente. Quanto agli "scricchiolii dei bilanci delle banche", basti ricordare la disastrosa situazione delle banche in Spagna (altro paese che ha subito una cura da cavallo). L'Irlanda e il Portogallo - due campioni del rigore - sono sotto il piano d'aiuti della trojka. Se l'Italia se l'è cavata meglio è semplicemente perché era, ed è, di gran lunga meno indebitata con l'estero.

Quando allo spread, Alesina e Giavazzi probabilmente non ricordano che a gennaio 2012 il differenziale BTp-Bund è tornato sopra i 500 punti base e solo l'intervento della BCE con le operazioni di prestito alle banche (LTRO) calmò la situazione. Poi lo spread tornò a risalire e infine si è ridotto gradualmente dopo il famoso annuncio di Draghi sull'operazione di acquisto diretto di titoli di stato (OMT), nel luglio 2012, al fine esplicito di salvare l'euro. Due paradossi: 1) l'effetto della "cura Monti" è stato il peggioramento dei conti pubblici; 2) dopo le dimissioni del premier lo spread è calato da 320 a 260.

Proseguono Alesina e Giavazzi:

L'evidenza empirica - ammesso che tale metodo interessi ancora a qualcuno in questo dibattito - dimostra che tagli di spesa, accompagnati da liberalizzazioni e riforme nel mercato dei beni e del lavoro comportano costi di gran lunga inferiori (in alcuni casi addirittura nessun costo) rispetto ad aumenti di imposte. Se il governo Monti avesse perseguito l'austerità in questo modo, cioè tagliando la spesa, la recessione sarebbe stata molto meno grave.

L'evidenza empirica dice ben altro. La famosa " austerità espansiva" a cui Alesina e Giavazzi ancora credono è stata puntualmente contestata dal Fondo Monetario Internazionale e la sua (presunta) esistenza è, secondo il Roosevelt Institute, semplicemente frutto della scelta di alcuni casi e periodi ben determinati. Allargando i periodi considerati, infatti, si scopre che i tagli dei deficit sono occorsi dopo larghi disavanzi precedenti, quando l'economia si era ormai ripresa. Insomma quello che in inglese si chiama "cherry picking" (scegliere le ciliegie), vale a dire selezionare preventivamente i dati che fanno comodo per sostenere la propria tesi e trascurare gli altri.

Non solo: le evidenze empiriche mostrano anche che una variazione nell'imposizione fiscale ha un moltiplicatore minore che una variazione nella spesa pubblica: vale a dire tagliare le tasse non basta a far riprendere l'economia perché buona parte del reddito disponibile aggiuntivo verrà risparmiata, in particolare per ripagare i debiti (tanto più dopo lo scoppio di una bolla e la conseguente svalutazione degli asset come gli immobili), invece che essere spesa. E' quindi necessario che sia lo Stato a spendere, in assenza di fiducia degli investitori e delle famiglie.

Riguardo i tagli alla spesa basta guardare all'esperienza britannica: in termini reali il governo Cameron ha tagliato l'1,58% della spesa pubblica rispetto al periodo 2010-2011, con il risultato di aver mandato il Regno Unito di nuovo in recessione. Quest'anno l'unico trimestre con il segno positivo è stato, guarda caso, quello delle Olimpiadi.

C'è da domandarsi quanto ancora Alesina e Giavazzi insisteranno su questa linea, anche di fronte a fatti (e disastri) così evidenti. La risposta, temiamo, è scontata: continueranno a farlo senza limite.


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