Mario Monti non vuole stare in balìa di nessuno, vuole decidere da solo quando chiudere la sua esperienza di governo. Le agenzie ieri sera hanno ribattuto uno dopo l’altro i lanci che annunciavano che il premier è pronto a dimettersi dopo l’ok alla legge di stabilità.
Fonti ministeriali riferiscono che Mario Monti avrebbe spiegato al Capo dello Stato le sue intenzioni di procedere alle dimissioni per l’atteggiamento assunto dal Pdl.
Monti non vuole essere strumento del Pdl, un partito che ha votato i provvedimenti per un anno e all’improvviso prende una posizione opposta ai suoi comportamenti. Ed ancora: non ci sto a considerare che quanto successo non comporta delle conseguenze, la decisione del Pdl lede la mia persona e il mio governo. E’ un duro j’accuse quello del presidente del Consiglio al partito di via dell’Umilta’, sempre secondo quanto riferiscono fonti ministeriali. Uno sfogo che il Professore avrebbe fatto al Capo dello Stato che ha provato, sempre secondo quanto viene riferito, a frenarlo ma comprendendone poi tutte le ragioni. Un ragionamento che Mario Monti ora avrebbe intenzione di riferire direttamente agli italiani.
Il premier avrebbe preso la decisione di dimettersi anche per avere una maggiore agibilità politica, ‘mani libere’ per poter dire cosa pensa e salvaguardare la sua ‘agenda’ e il suo credo legato ai tempi europei e all’antipopulismo. Monti sta seriamente valutando, spiegano le stesse fonti, la possibilità di scendere in campo. Ad alcuni dei cosiddetti ‘filomontiani’ del Pdl ha dato appuntamento la settimana prossimo per un incontro decisivo. A diversi ministri il presidente del Consiglio avrebbe già avanzato l’intenzione di voler accelerare su una sua possibile candidatura.
IPOTESI VOTO A FEBBRAIO Fonti ministeriali riferiscono che la decisione del Pdl di porre in Senato la pregiudiziale di costituzionalità sull’accorpamento delle province è stata la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso.
Il presidente del Consiglio, Mario Monti, aveva già comunicato ai suoi ministri l’intenzione di rassegnare le dimissioni dopo l’ok alla legge di stabilità. Ma quel passaggio della nota del Quirinale in cui si chiede «un’accelerazione in tempi brevi» delle leggi di stabilità e di bilancio fa presupporre anche la possibilità di uno scioglimento anticipato delle Camere rispetto alla ‘road map’ prevista in un primo tempo.
A questo punto, fanno presenti fonti ministeriali, non si esclude neanche l’ipotesi del voto a febbraio e un nuovo giorno di consultazioni da parte del presidente della Repubblica. Del resto dal segretario del Pd, Pierluigi Bersani, è arrivato subito un invito a varare celermente il provvedimento. «Siamo prontissimi, stringendo i tempi», è la risposta di Alfano. Il presidente del Consiglio ha formalizzato le sue intenzioni dopo la posizione del Pdl, constatando nelle parole pronunciate dal segretario di via dell’Umiltà «un giudizio di categorica sfiducia nei confronti dell’esecutivo». Il Pd e l’Udc avevano invocato nell’incontro al Colle un alt alla politica delle mani libere del Pdl. E il no del Pdl ad alcuni provvedimenti sul tappeto, in primis l’accorpamento delle province, misura che era richiesta anche dal Capo dello Stato, è stato percepito dal Capo del governo come un ulteriore segnale di un tentativo di logoramento. Dietro le quinte piu’ di un ministro, riferiscono fonti ben informate, ha avallato la decisione di Monti, incoraggiandola. «Non ci dovrà essere nessun galleggiamento», viene ripetuto. L’obiettivo è comunque quello di tenere il Paese al riparo da una crisi, evitando strappi e lacerazioni che potrebbero arrecare un ulteriore danno all’Italia.
Ma la decisione di Monti viene interpretato da fonti ministeriali come la determinazione a creare un distacco dalla fase politica che si è aperta con l’inizio della campagna elettorale. L’auspicio dei ‘filomontiani’ è che il Professore possa utilizzare questo spazio che si apre per lanciare una sua candidatura e mettersi a capo di una sorta di Ppe italiano. Anche ieri, secondo quanto si apprende, ci sono stati contatti tra alcuni ministri, in primis Passera, Ornaghi e Riccardi, e quell’ala del Pdl che vorrebbe sostenere l’attuale presidente del Consiglio anche dopo la legislatura. Un’area che per il momento comprende Cl, gli alemanniani e altri ‘big’ del partito e che potrebbe ingrandirsi qualora il premier decidesse di scendere in campo.
Fonte: Pubblico