Pensavo al solito, scontatissimo prodotto hollywoodiano, nel senso meno nobile del termine: mi sbagliavo. Il cast stellare non è – come temevo – lo stratagemma per rendere digeribile una trama inesistente, ma una lussuosa squadra di attori per un film che non delude le aspettative, anzi. Monuments Men, la storia di esperti d’arte arruolati nell’esercito americano per salvare prima dai nazisti e poi dai russi le più importanti opere d’arte d’Europa, è una pellicola che si rivela più che gradevole e, alla fine, commovente.
L’inizio è forse lento, a tratti incerto. Poi il film entra nel vivo e Clooney, Damon, Murray e Blanchett acquistano personalità anche se il bello è notare come le differenze fra loro sfumano dinnanzi allo scopo per cui sono stati scelti e che offre loro l’occasione di conoscersi: salvare capolavori, lasciare che la bellezza arstistica rimanga a tutti coloro che desiderano amarla, senza limitazioni o saccheggi. Lo sfondo della Seconda Guerra Mondiale rende l’intera vicenda più drammatica anche se non mancano, qua e là, delicate pennellate di ironia.
C’è infine una domanda che accompagna gli spettatori nel corso della visione di Monuments Men: vale più una vita umana o un’opera d’arte? La risposta sarebbe ovvia se non vi fossero, come invece accade nel film, persone disposte a sacrificarsi per delle opere d’arte. Il dubbio quindi rimane, anche se la risposta più convincente sembra essere quella di provare a rendere la propria esistenza un capolavoro. Così da non trovarsi più a scegliere fra vita ed arte, e poterle amare entrambe. Voto: 7 e ½.