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Monuments Men di George Clooney – recensione

Creato il 22 febbraio 2014 da Retrò Online Magazine @retr_online
Monuments Men di George Clooney – recensione feb 22, 2014    Scritto da Silvia Cannarsa    Attualità, Cinema, Film in Uscita, Recensioni 0

Monuments Men di George Clooney – recensione

La carriera del George Clooney regista è già avviata e consolidata ormai da tempo; arrivato al suo quinto film – Monuments Men - ha infatti ormai conquistato un pubblico di affezionati, ed un altro sempre in continuo movimento, a seconda dei temi trattati.

Perché George Clooney è riuscito a toccare diversi temi, con diversi gradi di intensità, e con registri espressivi sempre differenti. Dal primo Confessioni di una mente pericolosa, dalla sceneggiatura del plaudito Charlie Kaufman  – Essere John Malkovich; Il ladro di orchidee – un film di spionaggio a sfondo drammatico, con grandi trame psicologiche. Al secondo, Good Night and Good Luck, storia del giornalista Edward R. Murrow sullo sfondo del maccartismo, girato interamente in bianco e nero. Passando per Leatheheads – barbaramente trasposto nella versione italiana con il titolo In amore niente regole – una commedia di realizzazione sportiva, ironica e graffiante con dialoghi degni  delle commedie americane anni ’50, nel quale il regista fa letteralmente esplodere il suo potenziale comico. Con le Idi di marzo, George Clooney dimostra di riuscire ad affrontare anche temi attuali, un intrigo politico e sentimentale, una cinica rappresentazione della campagna elettorale del candidato democratico alle presidenziali; tratto da una piéce teatrale, la sceneggiatura è stata rielaborata dallo stesso George Clooney.

Si può evidenziare come tutte le pellicole da lui girate abbiano avuto un discreto successo, sia dal punto di vista della critica, che dal pubblico. Il suo grande potere è, forse, quello di raccontare delle storie  e, narrandole, mostrare al pubblico la psicologia dei personaggi, approfondendoli sulla base delle loro azioni, e non a prescindere.
E’ così che vengono raccontati anche i personaggi nel suo ultimo film Monuments Men, la storia avvincente, quasi completamente sconosciuta, e incredibilmente reale, di un piccolo plotone dell’esercito americano, composto da esperti di storia dell’arte, direttori di musei e collezionisti, incaricati sia di segnalare agli eserciti quali punti da bombardare e quali no, onde evitare di distruggere il patrimonio artistico europeo, sia di recuperare le opere d’arte i capolavori artistici rubati dai nazisti, e che Hitler ha decretato verranno distrutti, nel caso di una sconfitta.

Monuments Men cerca di non ricadere nel dramma della seconda guerra mondiale; tenta di non farsi inghiottire nella disperazione e nel lutto che circonda giustamente il conflitto. Ci prova creando sipari di godibilissima ironia che non devono essere interpretati come svilenti di un periodo storico tragico, ma come rappresentativi di quello che è l’atteggiamento del mito americano: un po’ arrogante, strafottente, ma fondamentalmente un bravo ragazzo che non solo combatte per la propria patria, ma anche per la libertà altrui. Un po’ ingenuo, ed eccessivamente benevolente? Di sicuro.
Perciò sfugge a qualsiasi definizione: è un film di guerra? è drammatico? o, forse, è una commedia? Niente di tutto questo, è semplicemente una storia. Con poca psicologia, e non particolarmente approfondita, è vero, con un cast stellare che salva alcuni momenti di insicurezza e di stallo.
Ma ciò di cui parla questo film è una vicenda dimenticato dalla storia, un racconto da postilla, una storiella che sanno in pochi e con cui deliziano chi non la conosce, ma che ha poi una rilevanza storica ed artistica ben maggiore. E’ forse proprio questo che desiderava raccontare George Clooney, nel suo film, non la guerra, non la tragedia in sé, bensì una storia che rischiava l’oblio, ma che ha permesso a noi tutti di ammirare ancora oggi la Madonna col bambino di Michelangelo, a Bruges.


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