Subito dopo aver visitato gli appartamenti reali siamo saliti al piano superiore dove veniva alloggiata la servitù che si occupava degli ospiti dei sovrani: per accedervi, un magnifico scalone marmoreo, con due monumentali lampadari in bronzo recanti il motto “FERT”, di casa Savoia.
Le stanze ed i corridoi erano interamente occupate dalle gigantografie delle foto di Steve Mc Curry.
Straordinario artista, che ha visitato quasi ogni parte del mondo, documentando con la sua macchina fotografica dei momenti irripetibili.
Innanzitutto le foto della distruzione delle Twin Towers, con tutta la drammaticità che esprimono i ruderi scheletrici delle costruzioni tra i quali si aggirano le persone, piccole come formiche.
Lo stesso per l’Afghanistan, col le sue donne velate, spesso interamente ricoperte dal burqa. Tra queste, anche la famosa foto scattata nel 1984 della ragazzina afghana della tribù Pashtun (allora dodicenne) apparsa sulla copertina di National Geographic nel giugno del 1985. Nel 2002,ormai trentenne e madre di tre figlie, è stata rintracciata, riconosciuta e nuovamente fotografata: il suo nome è Sharbat Gula.
Molto commovente, quella delle due donne interamente ricoperte dal burqa mentre pregano sopra una tomba.
E paesaggi di una terra bellissima anche nella sua desolazione, catene di montagne che si stagliano verso il cielo, mentre in primo piano ci sono case diroccate, illuminate sia dalle fiamme di un rustico focolare che dalla luce del tramonto.
Un ambiente mi ha ricordato un quadro di Hopper: un muro bianchissimo interrotto da strisce color rosso e blu, una stanza vuota, dove un anziano, seduto per terra, sta probabilmente leggendo il Corano.
McCurry è anche uno straordinario ritrattista. Particolari sono le foto dei bambini di ogni razza e colore. Ci sono quelle dei neonati, uno indiano appena nato, ed uno tibetano completamente avvolto da costume tradizionale, quelle dei bambini etiopi della tribù degli Omo, quasi interamente nudi e ricoperti da disegni biancastri propiziatori, fatti con il fango essiccato, altri ragazzini in Libano che come giocattolo hanno un cannone, ed una che mi ha turbato, un bimbo peruviano con i lucciconi agli occhi mentre si punta una grossa pistola alla tempia.
E colori, colori dappertutto: dal venditore di fiori del kashmir che trasporta la sua mercanzia su di una imbarcazione sul fiume, la ragazza tibetana con le vesti ed il trucco sgargiante, la donna nigeriana adornata con perline multicolori, contrapposte a quella yemenita, tutta ricoperta di nero, che mostra solamente gli occhi.
Poi le innumerevoli foto dell’India, con le sue contraddizioni tra modernità e passato e le sue esplosioni cromatiche.
Una è particolare: un ragazzino che corre in un vicolo stretto, mentre sul muro si stagliano impronte di mani color rosso sangue. Le impronte sono relative alla tradizione della Sati, il tremendo rito che costringeva le vedove indiane ad immolarsi sulla pira del marito. Mentre si recavano al rogo, seguite da un corteo di parenti e suonatori, immergevano le mani in una tintura rossa e lasciavano così il segno del loro passaggio. La pratica, anche se ormai proibita, viene ancora seguita in qualche remoto paese dell’interno.
Un’altra foto rappresenta un vecchio scampato ad un’alluvione che trasporta l’unico suo bene sulla spalla: una vetusta macchina da cucire mezza arrugginita della Pfaff. Vista l’immagine, la ditta rintracciò l’anziano e gli fece dono di una macchina da cucire nuova.
Infine, le fotografie commissionate dalla Lavazza e dedicate al caffè: rappresentano gente di tutte le parti del mondo in cui si trovano le piantagioni, mentre sorseggiano la bevanda preparata secondo il loro metodo personale.
(le foto sono tratte da internet, dal sito di Steve McCurry http://stevemccurry.com/galleries )
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