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Il cinema francese è una bomba, al momento è quello che seguo con maggior interesse insieme a quello coreano. Per quanto i mangialumache sappiano essere odiosi e con un accento che fa sembrare che ti stiano a pigliare sempre per il culo, con la settima arte ci sanno fare. Non solo fanno dei gran bei film (quando capita) ma spaziano addirittura in tutti i generi, restando nelle classiche pellicole drammatiche o comiche fino a quelle più di genere, come il thriller o l'horror - e in questo ultimo settore sono dei maestri. Non c'è da stupirsi quindi se alla nazionalità geografica poi tendo ad affezionarmi a un autore e al seguirne il suo costante maturamento artistico e intellettuale - la qual cosa mi ha causato non poche delusioni nel corso della mia vita. Oggi quindi sono alle prese con l'ultima fatica di quel Michel Gondry, il regista 'artigianale' [fossimo nell'ambito metal credo avrebbe dato luce a un nuovo sottogenere] che si è tagliato nel mio piccolo cuoricino un posto molto speciale con le sue allegre operette. Ero rimasto che stava adattando l'Ubik di Philip K. Dick, ma sinceramente, fino a un certo punto mi bastava che lavorasse e basta, fosse per finire questo L'ècume des jours o altro.
Colin è un ricchissimo parigino che, un giorno, si innamora della graziosa Chloé, tanto da arrivare a sposarla. Quando però lei si ammala a causa di una ninfea che inizia a crescerle nei polmoni, il povero giovanotto diventa povero sul serio nel pagarle le cure mediche, tanto da dover iniziare a fare i lavori più umili e disparati. Ma per amore si fa questo e altro...E' impossibile citare Michel Gondry senza nominare Se mi lasci ti cancello, finora il suo capolavoro. E nel vedere anche la diramazione presa dalla sua carriera viene spontaneo chiedersi se il merito effettivo era suo o dello sceneggiatore Charlie Kaufman. Fatto sta' che quel film è e rimarrà per sempre un bastone che il regista dovrà portarsi fra i piedi per molto tempo, perché dopo una visione magistrale come quella è impossibile non aspettarsi un ennesimo bis. Cosa che forse doveva avvenire con questo film, tratto dal libro omonimo di Boris Vian, da molti ritenuto insieme a Naked lunch come uno dei romanzi più infilmabili di sempre, e quindi pane per i denti del francesino pazzo. Non posso dire che la ciambella sia riuscita col proverbiale buco perché questo film mi ha in gran parte deluso e, in ultima analisi, anche sonoramente annoiato. E in parte anche per il paragone col passato capolavoro dell'autore, ma andiamo con ordine... Innanzitutto possiamo dire che questo è un film visionario. Ci sono ribaltamenti della realtà, stratificazioni dei piani visivi e numerosi inserti di animazione in stop motion che offrono una diversa presentazione degli oggetti di uso comune [il campanello scarafaggio che si spegne schiacciandolo credo diverrà il mio must personale], insomma, se cercate qualcuno che voglia dire qualcosa in maniera decisamente non ortodossa avete quello che fa per voi. Sì, ma alla fine, cosa si vuole dire? Lo avete visto anche voi nel paragrafetto dove presento la trama, che la stessa alla fine non è proprio nulla di che. E' una storia d'amore classica e ai limiti dello scontato. Ma come dice il vecchio saggio, fammi una sega il primo di magg... no scusate, proverbio sbagliato... vabbeh il saggio in questione dice: non conta ciò che racconti ma il modo in cui lo fai. E fin qui nulla da ridire. Peccato però che pure nel modo debba esserci una certa coerenza, altrimenti il castello di carte cade. Ma soprattutto, la visionarietà è un qualcosa che va filtrato attentamente: se un film ha una storia volutamente banale, si può puntare il tutto sulla grafica, salvandolo in corner; se un film però vuole anche dare un particolare messaggio, allora il regista deve fare qualcosa di più che offrire delle belle inquadrature, deve riuscire a girare intorno a quella che può essere una trama trascurabile riuscendo ad estrarre i punti forti ed a farli valere al massimo. Cosa che qui purtroppo non succede. E dire che il regista è uno molto bravo. Peccato però che la sua fervida immaginazione non sappia trovare il giusto freno, arrivando a strafare e facendo perdere il filo del discorso in più punti. Più di una volta mi sono sentito auto porgermi la domanda: ma era davvero necessario narrarlo così? Infatti le gambe bislunghe, la ninfea nei polmoni, l'uccello speaker e tutto il resto mi è sembrato un memorabilia decisamente memorabile e molto bilia, ma unicamente fine a sé stesso. Tutti quegli elementi per me non avranno altro senso se non quello con cui si presentano, e questo a mio parere fa perdere molto mordente a un film che con maggior consapevolezza poteva diventare il capolavoro che si andava cercando. Gli manca il mordente di un Holy motors, dove le follie visive avevano un senso insito dentro di loro che le faceva apparire quindi ancora più grandi o, per ricollegarci al passato capolavoro di questo regista, gli manca anche una trama lucida sul quale certe trovate possano avere maggior effetto. Perché l'immaginario di un autore dovrebbe essere un collante coi sentimenti dei personaggi della sua storia (qui tutti abbastanza antipatici) e non deve averne la meglio, altrimenti diventa solo bieco e inutile manierismo che, nella sua ostentata ricerca della stupefazione a tutti i costi, finisci anche per diventare monotono in quel contesto. Se non altro gli effetti speciali artigianali ('fatti in casa' ne vero senso della parola) hanno senza alcun dubbio un fascino tutto loro.Si dice che Gondry (che possiamo vedere nei panni di un dottore) nella vita reale si comporti proprio come i personaggi dei suoi film. Mi chiedo quanto la cosa abbia influito nella sua vita sociale...Voto: ★★½