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"Fly me to the moon" cantava Frank Sinatra da qualche parte negli States. E Sam Bell sulla faccia nascosta della Luna ci è volato per davvero. Lavoro di tutto riposo, un contratto di manuntentore per tre anni di una stazione di raccolta di un combustibile ecologico da inviare sulla Terra. Uniche compagnie sono serie tv, canzoni (la mattina si sveglia con Nik Kershaw) e la voce di un computer ,GERTY, con i suoi emoticons che si vedono da un piccolo schermo sul davanti.
Il satellite per le comunicazioni non è funzionante quindi i suoi familiari e i suoi capi comunicano con lui solo tramite messaggi preregistrati.
Mancano solo due settimane e Sam comincia a capire che c'è qualcosa che non funziona, comincia a vedere strane cose.
Il film dell'esordiente Duncan Jones(non vi dirò neanche sotto tortura che è il figlio dell'uomo che cadde sulla terra David Bowie) più che puntare sugli effetti speciali (che non ci sono , è un film realizzato con un budget ridicolo per gli standard dei film di fantascienza di oggi, appena 5 milioni di dollari, cifra comunque piuttosto consistente per essere una produzione europea) punta a recuperare le atmosfere della fantascienza adulta e umanista che negli anni 70 ha raggiunto probabilmente l'apice creativo.
Cita nella stessa inquadratura sia Tarkovskij (anche se qui non c'è nessun oceano pensante che crea visioni) che Kubrick (GERTY pare un nipotino di HAL) ma non credo che siano i suoi punti di riferimento principali.
Penso che il buon Duncan abbia visto come parametro di riferimento per il suo film opere come Silent Running (2002 la Seconda odissea ) diretto dal mago degli effetti del 2001 di Kubrick,Douglas Trumbull e una serie tv inglese degli anni 70, molto nota anche qui da noi come Spazio 1999 .
Altri riferimenti filmici soprattutto scenografici possono essere trovati in opere minori come Saturn 3 di Donen oppure Atmosfera zero di Hyams,un remake di High noon (Mezzogiorno di fuoco)ambientato nella profondità dello spazio.
Silent Running e Moon corrono su binari paralleli soprattutto per essere entrambi dominati da un one man show:le prove di Bruce Dern e di Sam Rockwell sono pervase da un senso di disperato fatalismo, una volontà beluina di opporsi ai disegni preordinati, una consapevolezza di essere solo dei minuscoli meccanismi di un ingranaggio altrimenti perfetto.
Jones gioca sul nitore dei corridoi, sull'alienazione portata da una vita che si ripete sempre uguale a se stessa,sui silenzi che rimbombano in una stazione spaziale dove tutto è asetticamente controllato dalla calma rassicurante di GERTY (che segue le leggi della robotica di Asimov) aiutato anche da un commento musicale intenso e allo stesso tempo minimalista ad opera di Clint Mansell.
In questo e nel trattare argomenti che sfiorano l'esistenziale ricorda molto la prima stagione di Spazio 1999.
Moon è un film piacevolmente fuori del tempo che propone interrogativi senza voler dare a tutti i costi le risposte, che non scioglie magari tutti i nodi (la telefonata a Eve oramai quindicenne e lei che si rivolge al padre che è lì a fianco a lei) ma che affascina e inquieta sin dalla prima inquadratura.
E Duncan Jones è bravissimo a tener coperto il gioco, a svelare la terribile verità poco a poco creando una sorta di cortocircuito che mi ha rimandato alla memoria, in un sublime trucco illusionistico, l'ultima sequenza di The Prestige.
Sam Rockwell più che essere semplicemente attore, acquisisce lo spessore di un entità cinematografica magnificamente flessibile in tutta la sua umoralità, è lui il vero effetto speciale del film.
E a differenza degli altri effetti speciali non ha prezzo....
( VOTO : 8 + / 10 )
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