“Lo Stato non immunizza il male né lo tramuta in bene, ma fa subire ai cittadini gli effetti cattivi delle azioni disoneste dei propri amministratori, governanti e funzionari, mentre produce effetti benefici con la saggia politica e l’onesta amministrazione”: sono le parole di Luigi Sturzo, che nell’articolo “Moralizziamo la vita pubblica” del 1958, ora riproposto nel volume “Servire non servirsi. La prima regola del buon politico”, si scaglia contro gli effetti della cattiva amministrazione; in particolare, Sturzo denuncia il fenomeno della proliferazione degli enti inutili – così definiti nei confronti del bene comune, dato che per chi li crea e li mantiene hanno una loro ben concretà utilità.
“Certi enti – afferma il sacerdote – non solo inutili, ma addirittura dannosi, e non sono pochi, non saranno mai toccati per i favori reciproci che offrono ai partiti e ricevono dai partiti, dai profittatori e dalla stampa. Il governo ha le mani legate. Chi oserà sciogliere un ente, anche semifallimentare, se i partiti lo sostengono e ne approfittano? E non dico solo i partiti di governo, ma anche quelli di opposizione, che sono doppiamente pericolosi, e quegli altri che, usando il metodo del ricatto parlamentare, se ne avvantaggiano ancora di più”.
Il discorso è esteso anche a “l’andazzo di molti uffici centrali e periferici, statali e locali, per il disbrigo degli affari privati”, con il risultato che “nella mente dei cittadini è penetrata l’idea che per avere disbrigato un affare occorre la bustarella o la percentuale per il premuroso intermediario”. Nemmeno gli istituti bancari risultano immuni a queste pratiche: “Anche nelle antisale delle banche si vedono certi figuri ben noti ai funzionari. Parecchi sono là a reppresentare società più o meno fittizie”. E “non parliamo di quella rete di società private che si sviluppano attorno agli enti pubblici”.
Sturzo non fa di tutta un’erba un fascio, e intende difendere i funzionari responsabili: “per quanto sto segnalando non vorrei dare l’impressione che tutta l’amministrazione statale sia corrotta; farei torto al personale corretto e zelante, ma il sistema dei controllati-controllori, da me denunciato 10 anni fa, vige ed è generalizzato persino con leggi recenti”. Con l’espressione “controllati controllori” il Nostro intende la pratica dell’accumulo di cariche in una stessa persona, una consuetudine ormai diffusissima che non risulta solo ingiustificata e poco produttiva, ma dannosa e illegittima: essa genera infatti quel conflitto di interessi che si verifica quando non c’è una netta distinzione tra chi deve controllare la gestione del denaro pubblico da parte degli enti e chi tali enti li amministra. In questo caso non si tratta di una semplice concessione, un favoritismo – pratica comunque inaccettabile – ma l’atto acquista ovviamente una valenza differente: con una mano si dà e con l’altra si prende.
È così che, continua Sturzo, “Le responsabilità dei capi sono attenuate o elise dai pareri dei comitati consultivi ministeriali; le promozioni a salti mortali sono non dico frequenti, ma meno rare del passato e demoralizzano coloro che contano sulla regolarità della carriera e sulla disciplina del personale”. Ovvero meno meritocrazia e più corruzione e clientelismo.
In conclusione, l’esortazione di Sturzo mossa gli italiani più di cinquant’anni fa rimane ancora attuale, a dimostrazione del fatto che i problemi – e la volontà di risolverli – continuano immutati nel tempo: “Pulizia! Pulizia morale, politica e amministrativa. Solo così potranno i partiti ripresentarsi agli elettori in modo degno per ottenerne i voti, non facendo mai valere i favori fatti a categorie e gruppi; mai con promesse personali di posti e di promozioni, ma solo in nome degli interessi della comunità nazionale e del popolo italiano”.
MC