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Moretti dal disastro ferroviario a quello della politica

Creato il 28 dicembre 2012 da Albertocapece

morettiiUna decina di giorni fa un freddo antartico che andava dagli 0 ai 10 gradi, riuscì a paralizzare tutte linee da e per la Liguria, nota tratta della transiberiana; tutti i giorni che dio manda in terra centinaia di migliaia di pendolari se la devono vedere con carri bestiame dagli orari incerti e dalle soppressioni facili; le varie frecce rosse, argento o multicolori cioè il fiore all’occhiello di Trenitalia che viaggiano sulle linee ferroviarie in assoluto più costose al mondo, sono una specie di vorrei ma non posso della modernità, salvo nella divisione in classi che rappresenta invece perfettamente le nuova passione per le disuguaglianze sociali. Ma invece di investire in Italia e nella qualità del servizio il risultato di tagli selvaggi e di aumento delle tariffe, l’azienda si permette di acquistare ferrovie private tedesche.

Un quadro demenziale che ha una firma: Mauro Moretti, da tempo immemorabile nella massima dirigenza delle ferrovie e al tempo stesso nei vertici sindacali, a testimonianza del male oscuro del  Paese. L’uomo che da otto anni è il capo supremo ha praticamente messo mano in ogni settore e nessun peccato, nessun errore gli è estraneo. Magari è un buon ingegnere elettrotecnico, anche se di questa attività si sa ben poco, magari è un ottimo sindacalista, anche se con lui  si sono avute espulsioni di massa… magari magari, ma di fatto come amministratore è tra i peggiori esempi possibili.

Forse è per questo che, scrutando i talenti del Paese, al Pd è venuta la tentazione di candidarlo e proporlo addirittura come ministro. Perché no dei trasporti, così da raccogliere le reliquie della sua stessa opera e mandare avanti un nuovo demenziale pasticcio con Alitalia. C’ abbiamo l’omarino giusto avrà pensato quel diavolo d’un Bersani. Farà piacere ai pendolari ma di certo non ha fatto piacere ai Versiliesi che dopo la strage di Viareggio avrebbero qualcosa da dire a Moretti e ai parenti suoi: il sindaco della città (del Pd ovviamente) minaccia le dimissioni se la candidatura dovesse essere ufficializzata, mentre i giovani democratici si apprestano ”occupare ad oltranza la sede del Pd in Versilia”, se una simile ipotesi dovesse concretizzarsi, per non parlare delle lettere aperte che piovono sul segretario del Pd dai parenti delle vittime come dagli esponenti locali del partito.

E lo si capisce bene, tanto più che Moretti è imputato per la strage in cui morirono, bruciate vive, 32 persone. Ma anche se a Viareggio non fosse successo nulla, sono le condizioni comatose in cui Moretti lascia il trasporto ferroviario in Italia che non dovrebbero far pensare nemmeno per un attimo a una promozione e a una “salita” in politica: non siamo sufficientemente stanchi di persone che non sanno fare il loro mestiere e vengono però recuperati a ruoli ancor più importanti? Non siamo stanchi di questo ignobile mercato della mediocrità e della immeritocrazia? Di questo contrattazione delle cariche, di questo fumo negli occhi a malapena dissipato dalle salvifiche primarie messe a copertura di un’oligarchia di fatto?

E’ proprio questo uno dei vizi più gravi della politica e del Paese e invece di tentare di estirparlo lo si rende più soffocante ogni giorno. Ma forse Bersani è stato affascinato da un’intima coerenza: per una politica angusta e sprecona, inzaccherata dal fango, perennemente alle prese con ritardi di comprensione e soppressioni costituzionali, Moretti e i suoi treni costituiscono una risorsa insostituibile. La metafora viaggiante del declino.


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