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Morgantina, il ritorno di Hades

Creato il 11 dicembre 2013 da Kimayra @Chimayra

Morgantina, il ritorno di Hades

La testa di Hades di ritorno dal Getty Museum di Malibù

Hades ritorna a casa. Per anni è stato tra i reperti più ammirati del Paul Getty Museum di Malibù, ora, finalmente, tornerà nella terra che l'ha, in qualche modo, generato, la Sicilia.
La scultura in terracotta raffigurante il dio dell'oltretomba greca è datata al 400-300 a.C.. Si tratta di una testa che, sicuramente, faceva parte di una scultura intera o di un busto. E' considerata una produzione dell'ambiente magnogreco che, spesso, importava marmo bianco di altissima qualità e, a differenza dei compatrioti ellenici, utilizzava il bozzetto per le grandi sculture marmoree che si producevano in larga scala.
La testa cava è stata formata a mano, i riccioli "a cavatappi" sono stati aggiunti uno ad uno prima che la scultura fosse terminata. Barba e capelli, realizzati forse in due momenti diversi, mostrano un'estrema abilità nella lavorazione della creta. Le ciglia erano realizzate a parte, molto probabilmente con metalli preziosi.

Morgantina, il ritorno di Hades

Il sito di Morgantina

Sono rimaste, sul reperto, anche tracce di colore: pigmento rosso sui capelli, rosa sul volto e blu sulla barba. Era, dunque, una statua policroma. Dapprincipio gli archeologi hanno pensato che la statua rappresentasse Zeus che tra i numerosi epiteti annoverava anche quello di "dio dalla barba blu", così come appare nei poemi omerici. Ora, però, gli studiosi sono convinti che si tratti di Ade, il dio dell'oltretomba che rapì la giovane Persefone che, tra l'altro, era anche sua nipote essendo figlia di Zeus. Alcuni ritengono, infatti, che il mito sia nato proprio in Sicilia, nei pressi del lago di Pergusa, non lontano da Morgantina, dove era diffusissimo il culto di Demetra e Persefone.
Il ritratto di Hades fu trafugato da Morgantina sul finire degli anni '70 e fu acquistato nel 1985 dal Paul Getty Museum di Malibù, in California. Che il reperto fosse proprio quello trafugato in Sicilia se ne è avuta certezza dopo il confronto con un gruppo di quattro frammenti appartenenti alla barba e alla capigliatura del dio, già custoditi presso il Museo archeologico di Aidone.
Gli studi sulla statua e sulla sua provenienza si devono alla giovane studiosa Serena Raffiotta che, nel 2005, nella sua tesi di laurea, ha reperito nelle teche del Museo archeologico di Aidone, proprio i riccioli compatibili con la statua proveniente dal santuario di Demetra. Si trattava, in particolare, di un ricciolo di terracotta a forma di spirale, completamente rivestito di un vivace colore azzurro. 

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