Sa Grutta de is Caombus, situata nel territorio di Morgongiori, è una diaclasi che si apre nella roccia vulcanica nella zona de Sa Punta e’ Santu Marcu. Venne scoperta casualmente nel 1975 da due ragazzi in cerca di falchetti.
La loro attenzione venne attratta da una fessura nella quale si incuneano sino a trovarsi davanti ad un precipizio. Rinunciano all’impresa solo per tornare qualche tempo, dopo armati di corde con le quali arrivano alla base della diaclasi, rimanendo stupefatti.
La scalinata nuragica era perfettamente conservata ma da li a poco tempo i tombaroli sarebbero entrati in azione con la loro opera nefasta.
Una antica frana ha occluso l’accesso originario dal quale probabilmente si accedeva direttamente alla scala in pietra basaltica squadrata, larga circa un metro. Sono presenti due rampe, che in alcuni gradini presentano rilievi mammellari, intervallate da un piccolo ripiano.
La zona esterna e ricca di emergenze archeologiche. In prossimità dell’ingresso originario, si trova una struttura a tholos del diametro di circa 5 metri chiamata dalle persone del luogo “Sa Funtana de su Prantu”.
E’ possibile ipotizzare la presenza di un complesso nuragico legato ad un tempio ipogeico. Una tomba dei giganti in zona e una necropoli rendono la zona di grande interesse archeologico.
Lilliu, nel suo libro “LA CIVILTA DEI SARDI” scrive a proposito de sa Grutta e is Caombus:
“…È questa una spelonca naturale che si interna nel dirupo basaltico di Sa Punta è Santu Marcu (la punta di San Marco, da una chiesetta omonima distrutta), alta m 511. Il sotterraneo, ramificato in camminamenti stretti e tortuosi, era accessibile attraverso una scala in muratura a due rampe ortogonali, una di 22 e l’altra di 24 gradini lavorati. Il più basso degli scalini, sulla pedata, mostra una coppella; sull’alzo di altri due spicca una coppia di rilievi mammillari. La coppella ha funzione lustrale.
I rilievi, somiglianti a quelli dei betili mammellati e di facciate di templi (a pozzo e a mégaron) e di tombe di giganti, si riferiscono all’ideologia d’una dea materna.
La simbologia, la scala che ripete le gradinate dei pozzi sacri, l’ambiente infero e arcano, tutta l’atmosfera suggeriscono un tempio ipogeico nuragico. All’esterno a 40 metri di distanza a sud della fessura rocciosa che oggi introduce all’antro, si osserva una costruzione all’aperto.
È un recinto in tondo, coperto all’origine, di m 4,70 di diametro e 3 di altezza residua, con le pareti in aggetto composte da grossi blocchi di basalto e liparite. Tutto in giro del vano corrono, in due ordini, a m 0,40 e 1,20 dal pavimento lastricato, cinque stipetti. La presenza di tante nicchiette, come nei recinti assembleari di Barumini e di S. Vittoria di Serri dove si celebravano anche atti di religione, fa pensare a un luogo per i sacerdoti o gli addetti al servizio di culto, aventi il compito di ricevere e di indirizzare i pellegrini al recesso sacro. Pianta e struttura del vano, come il tipo di scale del sotterraneo, indicano manufatti sicuramente nuragici di natura religiosa, probabilmente della Fase IV.
La stessa natura si può ipotizzare per l’antro, provvisto di scala e di altre strutture murarie, di Sa Preione è s’Orcu-Siniscola, l’età nuragica (ma di qual periodo?) vi si attaglia.
La grotta di Morgongiori rivela un lato della religione naturalistica collegato col culto chtonio, reso alla divinità infernale. Lo stesso nume si adorava nella caverna-santuario di Pirosu-Su Benatzu (Santadi), scavata alla base d’una cresta di rocce calcaree.>
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