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Morire di Carcere, è la volta di un agente penitenziario

Da Yellowflate @yellowflate

Morire di Carcere, è la volta di un agente penitenziarioCarcere, a morire e ammazzarsi non sono solo i detenuti, l’altra notte un  poliziotto in servizio al carcere di via Burla a Parma, si è tolto la vita. Giuseppe P., 35 anni, calabrese di  Cirò Marina in provincia di Crotone, appena rientrato da un breve perioso di permesso si è suicidato.L’agente, assistente capo della polizia penitenziaria aveva perso la madre di recente e probabilmente, oltre allo stress del lavoro, non stava attraversando un periodo felice. “Profondo dolore e vivo sconcerto suscita in noi la funesta notizia del suicidio di un nostro collega in servizio a Parma ma di origine calabre. Intendo , anche a nome di tutto il LiSiAPP Libero Sindacato Appartenenti alla Polizia Penitenziaria, esprimere ai familiari ed ai colleghi di Parma tutta la nostra rispettosa vicinanza”.Così il dr. Luca Frongia, Segretario Generale aggiunto della LiSiAPP, commenta la notizia del suicidio del 35enne Assistente Capo in servizio a Parma. “Sebbene ancora non ci si può pronunciare compiutamente sulle motivazioni che hanno indotto il collega al suicidio- spiega Frongia – sappiamo che da poco il collega aveva perso la propria madre. Riteniamo inoltre dover costatare che l’ennesimo gesto estremo, oramai arriviamo a toccare la doppia cifra dall’inizio dell’anno, senza contare che in cinque anni circa 21 colleghi (cifra al ribasso) si sono tolti la vita e l’incidenza dei suicidi sia ben più alta che nelle altre forze di polizia. Questo significherà pur qualcosa. A questo rimarchiamo di nuovo la richiesta dell’istituzione nelle strutture di polizia penitenziaria dei centri di ascolto che come organizzazione sindacale abbiamo messo primariamente nell’agenda sindacale”.

Donato Capece, alla notizia della tragica scomparsa del collega, ha commentato: ”Al di la’ dei problemi personali del collega, che da poco aveva perso la madre -dichiara  il segretario generale del Sappe – cio’ che purtroppo constatiamo per l’ennesima volta e’ la sottovalutazione dello stress psico-fisico del lavoro quotidiano degli agenti nelle sovraffollate carceri italiane. Controllare 69mila detenuti e’ diventato anche pericoloso”.”Ciascun poliziotto penitenziario si trova a dover sorvegliare anche piu’ di cento detenuti per volta”, ha aggiunto Capece. Il sindacato di polizia penitenziaria denuncia, infine, la mancata “istituzione dei punti di ascolto psicologico che il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria aveva preannunciato nel 2008, quando a capo del Dap c’era Ettore Ferrara, predecessore di Franco Ionta. Non se ne e’ fatto nulla per mancanza di risorse – conclude Capece – I 50 psicologi che hanno vinto il concorso devono infatti essere ancora assunti, ma i tagli previsti dalle ultime manovre non lo consentono. Sollecitiamo l’Amministrazione – conclude Capece – a destinare al lavoro in carcere educatori e psicologi ora impiegati in altri compiti”. (Clandestinoweb)

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