Come forse sapete Umberto Lenzi, indimenticabile regista di grandi successi e di film di culto, si è dedicato negli ultimi anni a scrivere romanzi gialli ambientati nell’Italia degli anni ’40, accomunati dalla particolarità che sono tutti ambientati sui set dei film di quegli anni.
Vi ho già raccontato Terrore ad Harlem ed ora vi dico due parole su Morte al Cinevillaggio.
Bruno Astolfi questa volta è impegnato a Venezia.
Siamo nel 1943 e sulla laguna è stata ricreata una struttura che vorrebbe ricreare Cinecittà. Si chiama Cinevillaggio ed accoglie quegli attori e quesi registi che hanno accettato di seguire il fascismo negli ultimi mesi della sua esistenza, in pratica quegli artisti che hanno scelto di continuare a lavorare.
Il detective si trova lì ancora una volta chiamato dal commendator Garlaschi per occuparsi della di lui figlia Paola.
Solo che questa volta la situazione recipita in fretta e la ragazza viene accusata dell’omicidio del marito.
Tra incontri con personaggi famosi e fughe dalla polizia fascista Astolfi dovrà anche vedersela col pericoloso assassino che proverà a farlo fuori.
Ancora una volta l’impianto del romanzo è quello classico del giallo e funziona senza particolari cali di tensione.
Quello però che maggiormente attira nei romanzi di Lenzi è il contorno, l’ambientazione.
Ci si muove in un’epoca molto difficile e perfettamente ricostruita, ed il nostro eroe finisce per incontrare nomi famosi del calibro di Doris Durante e nomi che famosi diventeranno negli anni successivi come Ugo Tognazzi e Walter Chiari.
E particolare attenzione merita anche il personaggio di Astolfi, che nello svolgersi dei tre libri delinea il proprio carattere e diventa in tutto e per tutto uno di quegli eroi da noir americano, senza paura, senza scrupoli ma con un sacco di debolezze.
Per saperne di più vi invito ad ascoltare la registrazione della puntata del 23 febbraio de La Corazzata Cotionkin durante la quale abbiamo parlato per oltre mezz’ora con Umberto Lenzi proprio a proposito di questo progetto.