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Morte ed eroi (sempre dal passato)

Creato il 09 febbraio 2022 da Annalife @Annalisa
per gentile concessione del mio Captain America

Spero di essere perdonata: devo cominciare spiegando che a me Schiavone non è simpatico, piace poco, l’ho trovato spesso irritante. Si aggiunga che ho visto qualche episodio della serie televisiva e che non amo particolarmente nessuno degli interpreti, a partire dal protagonista, per arrivare a concludere che, se parlo bene di questo giallo, è perché mi è piaciuto davvero. Diciamo tre stelline su cinque (secondo il metro di giudizio più diffuso su varie piattaforme).
Allora, se mi è piaciuto, perché soltanto tre stelle?

Prima di tutto perché sono andata a rivedermi alcuni altri giudizi dati ad altre letture, e ho usato il calibro di riferimento; poi perché comunque si tratta di un voto “più che suff”, come avrebbe detto una prof di lettere di molti anni fa; infine perché, se il massimo è cinque stelle (capolavoro), qui siamo un po’ sotto.
In ogni modo, è un romanzo che si legge volentieri e velocemente, nonostante il tema triste e nero (inizia con il rinvenimento delle ossa di un bambino, e questo è quanto sono disposta a dire sulla trama, ma se girate in rete trovate recensioni che sono interamente occupate dal riassunto di ciò che accade).

Credo che il merito della facilità di lettura sia dovuto in buona parte a una scrittura non ricercatissima ma sapiente, capace di alternare dialoghi serrati e ben riusciti con momenti più riflessivi, di ragionamenti o di descrizioni; da tener presente che, come sempre, nei dialoghi o nei ragionamenti personali del protagonista spunta sempre l’origine capitolina del personaggio e il linguaggio romanesco, che, quando non è invasivo, fa simpatia.

In più, è evidente che Manzini ha saputo costruire un buon personaggio seriale, che, in quanto tale, ha un senso della densità pronunciato, e ciò fa sì che i dettagli acquistino importanza lentamente e all’interno di schemi di azione ripetuti, con uno Schiavone interessante e capace di catturare questo interesse grazie alla sua complessità (non è completamente eroe, non è completamente brutto e cattivo). Lo stesso accade per i personaggi che si sono andati precisando nel corso degli anni, tanto che i lettori sono invitati anche nella loro sfera intima o nascosta (agli altri protagonisti della serie), in quelle particelle del quotidiano significanti che, a volte, mettono in secondo piano gli aspetti negativi e portano invece l’attenzione sulla loro umanità (si parteggia per Italo, ad esempio, nonostante si attenda con preoccupazione che oltrepassi definitivamente la soglia che potrebbe precipitarlo).

Eppure questa volta gli aspetti classici della serialità passano in secondo piano: ci sono pochissimi passi avanti nella storia personale di Schiavone, che sembra preferire sospendersi in un limbo di indecisioni; idem per il fil rouge che ha guidato lui e i suoi amici romani alla ricerca della verità sulla morte di Marina; o per la storia del ragazzino ormai trasferito a Milano e destinato (forse) a scomparire dall’orizzonte.

Le pagine, nel romanzo “Le ossa parlano” sono occupate in massima parte dall’indagine: è un’indagine troppo cupa, a tratti rivoltante, per lasciare troppo spazio agli affari di cuore o agli inciampi dei vari protagonisti; affonda le radici in un delitto di sei anni prima, ma si allarga progressivamente e moltiplica vittime e carnefici. Le indagini hanno battute d’arresto, e strappi in avanti grazie soprattutto al giovane Carlo, esperto di informatica, che qui ha una parte fin troppo evidente e ‘pesante’ di deus ex machina, ma va detto che nella lettura tutto appare, sul momento, abbastanza plausibile. Non so dire se la soluzione cui si arriva sia davvero così evidente: sono una di quelle persone che non indovina mai (ma nemmeno ci prova, a dire la verità) chi è il colpevole; posso dire che magari sarebbe potuta arrivare prima (nel senso che a volte sembra che la si tiri un po’ per le lunghe), che non l’avrei mai detto ma che, alla fine, non mi ha nemmeno stupito molto (come a dire: be’, sì, ci sta che sia successo quello). Magari, sì, mi è parso un po’ troppo fortuito il modo in cui ci si arriva, allo scioglimento, ma anche qui la bravura dell’autore è sospendere l’incredulità e portarci avanti nella lettura senza troppi problemi, se non quelli derivanti dall’argomento centrale del fatto, disturbante anche se trattato con delicatezza.

Insomma, una buona scrittura, una storia (triste) ben narrata, qualche lungaggine e qualche punto non chiarissimo o scivolato un po’ via, ma nel complesso un romanzo molto piacevole da leggere.

Antonio Manzini
Le ossa parlano
Sellerio editore, 2022
pp. 416, euro 14,25


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