Dopo aver trattato dell’immigrazione in L’ospite inatteso, Thomas McCarthy torna a confrontarsi con il tema del prossimo, di come s’intrecciano e filano le relazioni umane. Lo fa restando negli Usa di provincia, spostandosi da una cittadina del Connecticut ad una del New Jersey. Realtà piccole e particolari per messaggi grandi e universali.
Mike Flaherty è un avvocato che assiste persone anziane e, nel tempo libero, allena una scalcinata squadretta di giovanissimi players di lotta libera. Un giorno decide di diventare tutor del vecchio Leo Poplar, malato d’Alzheimer, per incassare la sua rendita mensile di 1500 dollari. Ma il suo piano viene scombinato dall’arrivo di Kyle, ovvero il nipote del signor Poplar…
In concorso nelle file del 29esimo Torino Film Festival, Win Win – Mosse vincenti è una brillante commedia morale, moralista e moraleggiante che, priva di quella fastidiosa spocchia di chi ci vuole fare la lezioncina su come “sarebbe giusto comportarsi”, avvinghia lo spettatore in una girandola di risate e riflessioni. La “predica” non proviene né resta ex cathedra, ma scende nella quotidianità di una cerchia di personaggi ben assortiti e ben tratteggiati, a noi vicini, estremamente veri e reali.
All’apparenza leggerino, ma assai tosto nei contenuti, è un film che ci interroga in prima persona: nei confronti del prossimo agiamo “a gratis” o per ottenere un utile? Che peso hanno in noi la “legge del cuore” e quella del Denaro? Quali i confini tra generosità, solidarietà sociale e interesse personale? Insomma, quali sono le mosse vincenti, nella vita, per essere persone oneste?
McCarthy sviscera tutte queste tematiche facendo leva proprio sui suoi characters, dipinti con tono, allo stesso tempo, impressionista ed aggressivo, con carezze e schiaffi motivatori. In questo microcosmo di personaggi compositi e poliedrici (nessuno è tutto buono o tutto cattivo), c’è chi spaccia il proprio desiderio per quello altrui, chi maschera l’egoismo con la carità, chi, per necessità, non ci pensa due volte a lucrare sugli altri per salvarsi dal baratro. Ma il marcio non prende il sopravvento. Uomini di buon senso e buona volontà hanno la meglio. Regole e princìpi non sono pesanti dogmi a cui sottostare, ma sani e forti gesti portatori di sollievo e gioia. Un film dove la porta stretta è sì più faticosa, ma anche più onesta di quella larga. Così l’arte dell’arrangiarsi e del reagire va in scena in un inaspettato finale “con olio di gomito”, che fa sorridere col cervello acceso. Un finale con una buona dose di buonismo che una volta tanto si fa accettare, ci sta, ci piace.
La sceneggiatura è in crescendo, con dialoghi curati e mai banali, colmi di sagacia e quotidiana vitalità, con battute strappa-sorriso a chiusura di ogni sequenza. E una volta tanto lo sport non è la solita e glabra metaforina calata dall’alto.
Protagonista è un Paul Giamatti formidabile, commosso e commovente. Il cinema americano si è accorto troppo tardi di lui come attore protagonista. Ma meglio tardi che mai. Dopo Sideways – In viaggio con Jack e La versione di Barney, ci regala una nuova prova che arriva dritta al cuore. Dietro quel volto da castorino senza barba, ha l’occhio lucido per la scena semi-struggente come quello vivido per la battuta frizzante. Lo affiancano una composta e incisiva Amy Ryan, uno spumeggiante Bobby Cannavale e un puntuale Jeffrey Tambor. Degne di nota anche le performance dell’esordiente Alex Shaffer, di Burt Young e della giovane Melanie Lynskey.
Leggilo anche su www.cinemonitor.it