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Mostra del Cinema di Venezia: Giorno 2. Sion Sono, Friedkin
Creato il 30 agosto 2013 da I Cineuforici @ICineuforiciLa mostra inizia bene.
Sion Sono: Why Don't You Play In Hell? (Giappone)
Raccontare la trama di un film di Sono è un impresa difficile. Possono essere d'aiuto i suoi protagonisti: un gruppo di sfigati che vogliono girare un film-capolavoro a costo della vita, due fazioni Yakuza che si fronteggiano, una sadica ragazza figlia del boss ex-star bambina di spot per dentifrici che vuole fare l'attrice. Insomma, la classica sfilata di freaks come si sono visti in Cold Fish e ancor di più in Love Exposure. Come questi personaggi-elementi si intersecano è la chiave e il motore del film. Why Don't You Play In Hell? è il più divertente film di Sion Sono, e probabilmente è destinato ad essere il più divertente della mostra, come si è potuto capire da un pubblico chiaramente elettrizzato. E a ragione, perchè Why Don't You Play In Hell? è un film-fuoco d'artificio interminabile che non lascia tregua. La tanta carne sul fuoco, insomma l'ipertrofia insita nel suo stile, questa volta non "esplode" in tanti temi-sfaccettature (religione, famiglia, ecc) ma si concentra nell'epicentro dei mass media e della società dello spettacolo. C'è il cinema buono e quello cattivo, si dice spesso nel film. Non possono mancare il grottesco, l'eccesso da cartone animato - Anime è chiaro -, il montaggio frenetico, i massacri tarantiniani. I suoi personaggi ingannano la morte e la violenza con il potere del sogno, e del cinema. Forse è un opera minore, significativamente meno incisiva delle sue precedenti, ma nell'ottica della festa è un ottimo film, specialmente se è il primo che si è avuto occasione di vedere, come nel mio caso.
William Friedkin: Il Salario Della Paura (Sorcerer) (Usa, 1977)
Ci sarebbe molto da dire su questo vecchio film di Friedkin, ristrutturato dallo stesso regista in occasione della sua premiazione con il Leone d'Oro alla carriera.
Per iniziare, pur conoscendo i classici L'Esorcista, Il Braccio Violento Della Legge, Vivere e Morire a L.A., il mio punto di riferimento è e rimane il recente - e splendido - Killer Joe, il quale (con una differenza d'età considerevole, 33 anni) mantiene ancora intatto l'impatto nichilista di Sorcerer. Inoltre, sarebbe interessante approfondirne l'analisi facendo un paragone illuminante con il film di Clouzot da cui è la pellicola è tratta.
4 uomini: un sicario, un terrorista, un uomo d'affari fallito e un rapinatore sono costretti a scappare dai rispettivi paesi e trovano rifugio in un villaggio miserabile del centramerica, lavorando per una compagnia petrolifera. Povertà, corruzione, malattia: le condizioni di vita sono pietose; una bomba fa saltare in aria il pozzo petrolifero e i 4 vengono scelti per trasportare nella giungla un grosso carico di nitroglicerina per soffocare l'incendio. Data l'instabilità della nitroglicerina, non si può usare l'elicottero, solo autocarri.
Non c'è bisogno di dirlo: Friedkin è grande. Il tono della sua direzione è nevrotica. I suoni sono quasi solo quelli dei motori, con musiche a tratti dissonanti. Il film si anima d'improvviso, e la tensione accumulata nella prima parte esplode di colpo nel confronto tra i protagonisti nella seconda. Indugia ostinatamente a torturare lo spettatore nelle scene più impegnative (l'attraversamento del ponte nella giungla). Friedkin è regista delle condizioni (di vita) impossibili, quelle della missione (attraverso la giungla: suicida in partenza) come quelle dei miserabili (tutti scarti umani condannati all'annientamento).
E non mi convince il (bellissimo) discorso che ha tenuto durante la premiazione: Ciò che ha espresso sul bene o il male nel suo cinema è secondario. Questo Friedkin, il Friedkin del passato, non sembra nutrire alcuna fiducia per l'umanità: in una scena durante un matrimonio, la sposa ha un occhio ammaccato dalle botte, e il prete traffica soldi con altri sacerdoti. I protagonisti muoiono, per puro caso (una ruota che scoppia?), e senza un perchè. Il vero protagonista del film è la morte. Per quanto voglia farci credere il contrario Friedkin è ancora un "maledetto" sadico, come si vede dal recente Killer Joe. Il finale - terribile - che li accomuna, lo dimostra.
S.U.
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