Una delle parole più usate dagli artisti per descrivere i loro lavori è stata “mistero”: un’impossibilità di comprendere totalmente la cultura nipponica, che suscita curiosità e spinge ad avvicinarsi sempre più ad essa, cercando di esplorarla attraverso il proprio mezzo artistico.
La vicinanza diventa fisica nel caso di B. Chrisse Harwanko, nativa americana trasferitasi a Okinawa più di 13 anni fa, che spiega come, adattandosi ai piccoli studi giapponesi, abbia ridotto le dimensioni dei suoi dipinti, scegliendo inoltre per le sue geisha, i soggetti astratti e i suoi collages la famosa carta fabbricata a mano. Così come per Barrett Biggers, anch’egli statunitense, c’è una connessione personale ed emotiva: la moglie giapponese ha ancor più diminuito le distanze da un’arte che non gli era mai stata estranea, ammirata per la sua lunga tradizione.
Nelle sue opere grafiche troviamo elementi tipici dell’immaginario riguardante il Giappone, che acquistano colori brillanti e caratteri occidentali. Non la tradizione ma la contemporaneità è oggetto della riflessione di Teruhisa Tahara, l’unico nativo giapponese in mostra. Il fotografo si concentra su oggetti caratterizzanti la capitale e molte metropoli: i cavi elettrici.
Dato l’elevato rischio sismico, i fili non vengono sotterrati, ma fatti correre sui pali, creando così garbugli intricati che invadono il paesaggio urbano. Questi cavi rappresentano anche la possibilità di connessione (e quindi di relazione) tra individui ai nostri giorni.
Alla tecnologia e alla modernità del Paese nipponico si ispira un altro fotografo in esposizione: Jeroen Huisman. Olandese, riflette sulle contraddizioni di una cultura, secondo lui, “incastrata” tra futuro e passato. I suoi Fragments, incontrati sulle strade in giro per il mondo, ricordano il Giappone attraverso la figura del cerchio, simbolo religioso e presente sulla bandiera.
Immediata e tecnologica per il mezzo usato: uno smartphone, spontanea e vissuta per il punto di vista, la serie Giap-phone, realizzata da Lorenzo Lucca, rappresenta i momenti topici di un viaggio nelle isole: dai treni locali allo Shinkansen, dai noodles ai parchi. Annotando visivamente le esperienze con mente aperta, il fotografo registra le differenze, le apparenti asimmetrie di una società in cui è ospite.
Contrasti e scambi culturali sono poi protagonisti delle fotografie dell’artista serba Mina Sarenac. In queste immagini, scattate durante il “Japanese Pop-Culture Festival” a Belgrado, coesistono le antichissime arti marziali e la performance di danza di stampo più occidentale, rappresentati con lo stile pulito, sobrio e rigoroso tipicamente giapponese.
La performer esegue movimenti forti, precisi ma allo stesso tempo aggraziati, ricordando che delicatezza, disciplina e determinazione fanno parte, in modi diversi, di entrambe le culture. Le contraddizioni si assorbono e assumono i toni e le sfumature del sogno e della irrealtà nelle opere di Jaya Suberg e Alena Krupetskova. La prima utilizza fotografia e grafica per creare immagini “sospese”, leggere.
Troviamo in esse storie di personaggi leggendari, che sembrano usciti dai film di Kurusawa, a cui tanto lei si ispira. Le sue opere raccontano di un mondo surreale, frutto di grande riflessione e suggestioni vissute, risultato di interiorità e fatti avvenuti nella realtà esterna. Lo stesso fascino orientale si ritrova nelle immagini della Krupetskova, a cui si aggiunge però un tocco di glamour. La fotografa di moda, infatti, si è concentrata sugli abiti, il make up e le acconciature, che, uniti all’atmosfera onirica, conducono la modella – e l’osservatore – in una dimensione romantica e fuori dal tempo. Anche la pittrice e illustratrice tedesca Claudia Tejeda ha ricercato nella sua arte di riprodurre l’armonia e l’aspetto meditativo appartenenti a riti e tradizioni di questo popolo.
La semplicità e la calma delle zone rurali (meno conosciute) vengono personificate, attraverso collages, da musicisti silenziosi e colorati animali marini a riposo. Una riflessione quindi su zone un po’ isolate del Giappone rispetto alle sue immense metropoli, ma ricche comunque di costumi e di uno stile proprio. Infine, con le immagini di Spring in Japan di Yelena Zhavoronkova, l’osservatore è immerso nella tranquillità di un giardino zen. L’ordine e la sobrietà di questi parchi naturali, rigogliosi ma mai invadenti, ha influito profondamente sul modo di vivere della fotografa e poi sul suo stile.
Tra templi, alberi secolari e specchi d’acqua, l’animo ritrova equilibrio e armonia, sensazioni che gli scatti, anche se privi di esseri umani, riescono a trasmettere. Natura, glamour, metropoli, sogno, fantasia e quotidianità: si traduce in molti modi l’ispirazione che il Paese del Sol Levante regala e che regalerà probabilmente per sempre.
Location La Chie Art Galley nasce da un’esperienza ventennale nel campo dell’arte e dell’antiquariato europei e orientali. Dal 2009 si adopera per far conoscere al mercato milanese espressioni artistiche delle nuove generazioni unitamente a talenti già affermati. La Chie Art Gallery è uno spazio espositivo su due piani, di 60 mq totali, direttamente su strada con vetrine; si trova nel centro di Milano, a pochi passi da Piazza San Babila e Via Montenapoleone. www.chieartgallery.com
Curatela Anna Mola, critica e curatrice indipendente, insegnante di storia della fotografia. Realizza e partecipa a progetti inerenti la fotografia e collabora con riviste di settore nazionali e internazionali. annamola.wordpress.com
Info JapanArt dal 3 al 7 dicembre 2012 vernissage il 4 dicembre ore 18.30 orari di apertura: 11.30-18.30 Chie Art Gallery, viale Premuda 27, 20129 Milano Tel.: 02 36601429 Mail: chie.artgallery@gmail.com
45.463689 9.188141