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Motley Crue - Live Wire

Creato il 20 luglio 2011 da Diamonddog

C'era una volta un gruppo che si collocava all'ideale crocevia tra Kiss, Rolling Stones, Aerosmith, Alice Cooper e il Glam Rock inglese della prima metà dei seventies.
C'era una volta un gruppo che aveva una sezione ritmica elefantesca nel senso dell'impatto e potente e agile al tempo stesso.
C'era una volta un gruppo che aveva un chitarrista più vecchio degli altri membri capace di vampate e deragliate più giovani di tutti gli altri. Uno sferragliante motore da trattore in una limousine.
C'era una volta un gruppo che si autoprodusse il disco d'esordio autofinanziandosi (Leathur Records) e vendendone da solo le prime corrosive copie in giro per Los Angeles. TOO FAST FOR LOVE fu un ottimo "debut album", sicuramente tra i primissimi nell'heavy rock dei primi anni '80. LIVE WIRE non era il pezzo più orecchiabile e sticky (a proposito di Sticky, dice niente la copertina?) del disco ma ne era certamente l'ossatura portante. Un vero e proprio pezzo speed metal, non è possibile non fare headbangin' sentendolo. E anche le gambe partono da sole. Un inno all'energia, una cavalcata di chitarra incalzante come poche, una batteria a doppia grancassa che neanche Scott Travis e un basso pulsante a sostenere il tutto.
Ma come tutte le belle favole anche quella dei MOTLEY CRUE ebbe fine presto.
E fu così che venne l'Elektra, e li trasformò in un odioso gruppo di hair metal.
E fu così che acquisì importanza il look, e l'unico elemento imbarazzante dei Crue, quel Vince Neil senza voce e senza personalità, venne issato a icona per le gnocche losangeline in calore che ai tempi inseguivano qualunque capigliatura cotonata in odor di rock.
E fu così che le canzoni diventarono meno abrasive e taglienti, prima solo un più anthemiche (il buon "Shout at the devil"), poi sempre più ruffiane e vanagloriose e da classifica e piene di power ballad (l'apice del miele di "Theatre of hate").
E fu così che i concerti da selvaggi che erano diventarono dei palchi pieni di mutandine.
E fu così che io mandai affangala uno dei gruppi che più mi aveva fatto sperare.
Le favole, come si sa, finiscono. Ma non sempre finiscono bene.
Prosit!

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