Ingredienti: per 8 persone
"Mini babà":
cioccolato fondente 72% g 150
burro g 70
zucchero g 35
maizena g 15
3 uova
sale
farina e burro per gli stampi
Mousse:
panna fresca g 300
farina di mandorle g 100
Per guarnire:
mandorle a fettine
fragole
Preparazione:
- "Mini babà": raccogliete in una ciotola di acciaio il cioccolato fondente, tagliuzzato, il burro, lo zucchero e i 3 tuorli.
- Ponete il recipiente a bagnomaria e fate fondere gli ingredienti.
- Fuori del fuoco incorporate poi la maizena e gli albumi, montati a neve con un pizzico di sale.
- Distribuite il composto in piccoli stampi a tronco di cono (diametro cm 4,5), imburrati e infarinati.
- Passateli in forno a 180 °C per 4' circa.
- Sfornateli, lasciateli intiepidire, quindi sformateli.
- Mousse: mescolate in una ciotola la farina di mandorle con la panna fresca, coprite il recipiente e lasciate riposare in frigorifero per 3-4 ore.
- Servendovi di un canovaccio pulito filtrate il composto, strizzandolo nella tela in modo da fare fuoriuscire più liquido possibile.
- Montate questa panna alle mandorle con lo sbattitore elettrico.
- Distribuite la mousse ottenuta nelle singole coppette, immergetevi i "mini babà", guarnite con le mandorle, che avrete brevemente fatto tostare in forno e con con le fragole a fettine.
Quanto nutre una porzione: 433 calorie.
Vino consigliato: Vino dolce passito o liquoroso, molto caldo di alcol, abbastanza fresco di acidità, di buoni profumi: Vernaccia di Oristano liquoroso, Cinque Terre Sciacchetrà, Vin Santo del Chianti Classico.
Lo sciachetrà - spesso erroneamente trascritto come sciacchetrà e nei luoghi d'origine conosciuto anche come rinforzato o vino dolce (rispettivamente refursà e vin duse in ligure) - è un vino passito, dolce e liquoroso, prodotto nelle Cinque Terre da uve che provengono dai celebri terrazzamenti. Oltre a vantare una storia millenaria e ad essere conosciuto e apprezzato in tutto il mondo, ha ottenuto la Denominazione di Origine Controllata ed è stato riconosciuto come presidio Slow Food.
Nei luoghi di origine questo vino è spesso chiamato anche «rinforzato» o «vino dolce», rispettivamente refursà e vin duse nei dialetti locali della lingua ligure. Il termine "sciachetrà", con cui il rinforzato è commercializzato e ormai ovunque conosciuto, è attestato soltanto verso la fine dell'Ottocento. Pare che uno dei primi a utilizzarlo sia stato il pittore macchiaiolo Telemaco Signorini, il quale, nel suo scritto di memorie Riomaggiore, ricordando le tante estati trascorse nel borgo delle Cinque Terre, afferma che «in settembre, dopo la vendemmia, si stendono le migliori uve al sole per ottenere il rinforzato o lo sciaccatras».
L'etimologia del vocabolo è incerta. La più probabile è quella che lo fa derivare dal verbo «sciacàa» (schiacciare), utilizzato per indicare l'operazione di pigiatura dell'uva. Se questa ipotesi fosse vera, se ne potrebbe allora dedurre che la denominazione più antica e originaria sia proprio quella di «sciachetrà», sostituita poi in tempi più recenti da «refursà». Accade spesso, infatti, che le parole dialettali più antiche e più lontane dall'italiano vengano via via sostituite, a causa del predominio sociale e culturale della lingua nazionale, dai corrispondenti vocaboli toscani, se pur sottoposti a un processo di assimilazione fonetica alla lingua locale. D'altro canto, vi è da osservare che mentre il termine «refursà» indica una caratteristica propria del vino passito, il vocabolo "sciachetrà" rimanda invece a un'operazione, quella della pigiatura, compiuta per qualsiasi tipo di vino.
Quel che è certo è che la presenza del suono /k/ lungo - ossia della doppia "c" - è dovuta all'erronea comprensione del toscano Signorini, come dimostra la circostanza che nello scritto del pittore macchiaiolo si trovano frequentemente simili errori di trascrizione di vocaboli o toponimi dialettali e soprattutto come conferma il dato di fatto che nei dialetti locali della lingua ligure non esistono consonanti doppie.
La stessa Cooperativa Agricoltura delle Cinque Terre è incorsa nel medesimo errore, mutando la denominazione «sciachetrà» che compariva originariamente sulle sue bottiglie in «sciacchetrà» e venendo seguita sulla stessa strada dal Parco Nazionale delle Cinque Terre e da altri produttori.
Lo sciachetrà viene prodotto con le qualità d'uva Bosco (60%), Albarola e Vermentino (40%). Si tende comunque a preferire l'uva Bosco in quanto la buccia degli acini è più resistente e quindi si presta meglio all'appassimento senza rompersi.
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