Sette anni dopo il successo mondiale de Il vecchio e il mare (1999) Petrov riprende in mano tavolozza e pennelli per illustrare Moya lyubov, cortometraggio che, come il precedente, si origina da un testo letterario. In questo caso la fonte è molto meno conosciuta di Hemingway perché parliamo di un certo Ivan Shmelyov, scrittore russo vissuto a cavallo tra ‘800 e ‘900, autore di un racconto breve dal titolo Istoriya lyubovnaya così traducibile: Una storia d’amore. La non conoscenza di questo scrittore e del suo lavoro non porta però ad un interesse spasmodico poiché già dalle prime battute si può evincere la componente classica della vicenda. Viene infatti descritta l’adolescenza sentimentale di un ragazzetto del diciannovesimo secolo diviso fra due bollenti fuochi che abitano a pochi passi dalla sua isba.
Sul versante della trama c’è davvero poco da dire, i “problemi” del protagonista non hanno certo risvolti imprevedibili, ne consegue così che il soggetto è impossibilitato ad ergersi punto di forza del film. Ma trattandosi di Aleksandr Petrov è la realizzazione che attira su di sé quella pulsione scopica, in qualche modo gioiosa, fiorente, potente, che scaturisce dal suo tratto. Rispetto a The Old Man and the Sea la tecnica (sempre olio su vetro) appare affinata, in particolare nei movimenti dei personaggi che prima non possedevano troppa fluidità. A favore di Petrov gioca comunque l’ambientazione che si confà al suo modus operandi molto romantico, tempesta e impeto di tempere e sfumature, anatomie plastiche, segni evidenti della fisicità del supporto: quando gira al minimo, ovvero quando l’esposizione è lineare, la ridondanza stilistica appesantisce più di un briciolo, quando invece sbatte le ali, ovvero quando si abbandona agli slanci dell’immaginazione, il talento visionario decolla tanto che le scariche oniriche (tra l’altro pullulanti di metafore) rappresentano un buon motivo per cui val la pena recuperare My Love.