Solo nel 1992, come sappiamo, il Mozambico è uscito da una terribile guerra civile tra forze politiche avverse interne, dopo un devastante quanto lunghissimo periodo storico sotto la nefasta dominazione coloniale portoghese, con un Paese, interamente o quasi, raso al suolo e parecchie ferite aperte che hanno tardato e, a quanto pare, tardano ancora a rimarginarsi.
Il prossimo mese ci saranno elezioni amministrative e occupare posti chiave nella gestione del potere non può certo che fare gola ai concorrenti.
E questo quale che sia l’appartenenza ideologico- politica di ciascuno.
Il potere è forza. Il potere è allettante .Il potere è successo. Il potere è visibilità. Il potere è denaro.
Dopo la fine della guerra il Frelimo, il movimento politico di connotazione sinistrorsa, nel bene o nel male ( nel male proprio dove non è riuscito perché la corruzione è comunque un male endemico molto diffuso tre i poteri forti) ha cercato di mettere ordine nel sociale, dare un po’ di speranza alla popolazione e provare a ricostruire la nazione.
Ma la Renamo, il partito politico nazionalista (Resistenza nazionale mozambicana), uscito sconfitto dalla guerra, non si è mai rassegnato dello scacco e non si rassegna affatto, nemmeno oggi, a starsene nel cantuccio.
Ed è di ieri la notizia che un numero imprecisato di militari dell’esercito regolare si sono scontrati di necessità con i ribelli (leggi uomini della Renamo) nella provincia di Sofala.
Sofala è la roccaforte dei sostenitori della Renamo.
In base a quanto è stato possibile conoscere ci sono stati nello scontro due morti tra gli appartenenti alla Renamo e sempre tra i loro, almeno sei feriti gravi. E poi altri combattenti catturati.
Pare , tuttavia, che ci siano state perdite di vite umane anche tra gli uomini dell’esercito.
Quello , infatti, che lamenta stamane il quotidiano locale “o Paìs” è che i militari sembra che abbiano impedito, nell’immediato ,ai giornalisti un sopralluogo per poter accertare i fatti .
Quasi l’intento fosse quello di nascondere l’accaduto reale.
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)