Gia’ squillano le trombe dell’ “attacco speculativo” al Monte dei Paschi di Siena, ennessima vittima degli eccessi di liberismo che ammorbano questo povero Paese. E’ doveroso in questo caso ricordare la storia del Monte e capire come si e’ arrivati alla gravissima situazione attuale.
Negli anni ’90, si cerco’ di ridurre il peso delle fondazioni bancarie nei Consigli di Amministrazione delle banche obbligando le fondazioni a ridurre le loro quote nel capitale delle banche stesse. Tutte le fondazioni scesero, anche di molto, tant’e’ che oggi in molte banche le fondazioni rivestono un ruolo simili a quello di molti altri azionisti. Tutte tranne una: la Fondazione Monte dei Paschi di Siena. In questo caso la Fondazione non scese sotto il 50% +1 del capitale per non perdere il controllo storico sulla banca. Va ricordato che le fondazioni bancarie sono organi para-pubblici, i cui vertici vengono nominati dal mondo politico. Il controllo politico della Banca la portera’ a fare gravissimi errori. Ma procediamo per punti.
Introduzione. Anni Novanta: la Banca opera principalmente su scala regionale in Toscana e in Umbria. Ma il suo presidente Mussari e’ un uomo ambizioso e la politica sembra molto favorevole alle fusioni tra banche. Circola infatti la bislacca idea che i problemi del sistema finanziario italiano siano dovuti alle scarse dimensioni degli operatori. Vengono incentivate le fusioni tra banche per costruire “campioni nazionali” in grado di competere con le grandi banche estere.
1. Durante il primo decennio del nuovo millennio, il sistema bancario italiano si consolida enormemente. MPS procede con l’acquisto di numerosissimi sportelli in tutta Italia e, nel 2007, acquista a cifre folli Banca Antonveneta. Tutti gli analisti sconsigliavano l’operazione ma Mussari non era interessato a costruire una banca sana, era interessato a costruire una banca “grossa”, che potesse competere con gli altri big italiani – UniCredit e Intesa San Paolo – e dare lustro ai politici che approvarono Mussari e la sua operazione. L’acquisto scellerato viene finalizzato a cifre astronomiche, Mussari lascia MPS in trionfo e viene nominato capo dell’Associazione Bancaria Italiana. Bravo!
2. Pochi mesi dopo, scoppia la crisi finanziaria. MPS registra pesanti perdite su Banca Antonveneta ma gli amministratori successivi, nominati dal Partito Democratico senese attraverso la Fondazione, provano in tutti i modi a nasconderle tramite artifici contabili. Intanto, il management non si dimentica di chi gli ha permesso di arrivare dov’e': Mussari dona a PdS-DS-PD quasi 700mila euro in nove anni.
3. Nel frattempo, il PD in Comune continua con una vecchia e consolidata pratica: usare i soldi del Monte per erogare prestazioni di para-welfare nel territorio e comprarsi cosi il consenso a livello locale. Chiunque abbia vissuto a Siena avra’ notato che li quasi tutto e’ finanziato coi soldi della Banca o della Fondazione. Ristrutturazione di teatri o siti storici, eventi culturali, concerti, etc. Ad esempio, per molti anni, la Fondazione MPS ha versato 200mila euro alla fondazione Liberal di Adornato oggi con Lista Civica Monti. Insomma, appare chiaro come i soldi generati dal Monte venissero sistematicamente impiegati per gestire il consenso a livello locale. Non e’ una pratica nuova ma l’ipotesi che i soldi potessero finire non scalfisce minimamente il Sindaco Maurizio Cenni – che ha governato initerrottamente per due mandati dal 2001 al 2011 – e i membri della Giunta.
4. I soldi invece iniziano a finire. Il dividendo scende e i cash flows dalla Banca alla Fondazione crollano. Per far fronte alle sue prestazioni, la Fondazione potrebbe vendere delle azioni MPS ma decide di non farlo per non perdere il controllo della Banca. Contrae invece dei prestiti strutturati e usa quei soldi per continuare ad erogare prestazioni sul territorio.
5. Nel 2011 scoppia l’emergenza spread: le banche straniere vendono BTP italiani. C’e’ urgentemente bisogno di compratori ma nessuno si fida. Il Monte dei Paschi interviene, come molte altre banche italiane, e si imbottisce di BTP. Vediamo qui all’opera il classico esempio di crowding out del debito pubblico sul debito privato: per finanziare le esigenze di liquidita’ dello Stato, si dirottano soldi che invece avrebbero potuto finanziare le famose Piccole e Medie Imprese, in piena crisi economica.
6. Nel 2012 la strategia di rimandare i problemi – in USA direbbero kicking the can down the road – arriva al capolinea. Emergono perdite multimilionarie sui contratti di finanziamento strutturati fatti dalla Banca e dalla Fondazione. La Fondazione e’ costretta a vendere e scende sotto la soglia del 50%+1, la Banca ha bisogno di soldi e prova a fare un’aumento di capitale. Infine, interviene il Governo Monti il quale “presta” a MPS 3.5 miliardi di euro. Intanto, anche il Comune di Siena finisce i soldi e piomba nel caos. Il sindaco Franco Ceccuzzi si dimette e il Governo Monti nomina un commissario straordinario, Enrico Laudanna, per gestire l’emergenza.
7. In questi giorni sono emerse altre perdite su contratti conclusi all’epoca dell’affare Antonveneta. Il tutto proprio mentre, a Milano, gli ispettori del Fondo Monetario Internazionale stanno conducendo un’analisi sulla solidita’ del sistema bancario italiano. Un caso? Non lo sappiamo. Sappiamo che il titolo e’ crollato in Borsa del 10% in due giorni e che Mussari si e’ finalmente dimesso dal suo incarico all’ABI.
Non possiamo sapere come si evolvera’ la situazione. L’impressione e’ che il Monte dei Paschi abbia moltissimi scheletri nell’armadio e che probabilmente avra’ bisogno di un’ulteriore aumento di capitale o di un ennesimo salvataggio coi soldi dei contribuenti. Una lezione mi pare pero’ chiara. Il caso MPS racchiude in se tutti i mali storici della scarsa competitivita’ dell’economia italiana: un management incapace, amministratori pubblici corrotti, un’eccessiva capacita’ di gestione di risorse pubbliche e private da parte della politica, capacita’ che traborda ogni buon senso, e compiacenza degli organi di vigilanza (Banca D’Italia, AntiTrust e Consob in primis). La soluzione a questo porcile e’ una sola: cacciare la politica dalle banche ed iniettare una massiccia dose di competizione nel settore bancario italiano, abbattendo le barriere all’ingresso e permettendo la nascita di molti nuovi operatori, indipendenti, puliti ed efficienti. Come dice bene Luigi Zingales: “Il libero mercato e la competizione sono il disinfettante contro la corruzione”.
Giovanni Gabriele Vecchio