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Mr Ciak #31: La mafia uccide solo d'estate, Veronica Mars, L'ultima ruota del carro, Giovani Ribelli
Creato il 24 marzo 2014 da Mik_94Pierfrancesco Diliberto, in arte Pif, nasce a Palermo il 4 Giugno 1972. Su Blogger, anch'io ho un nome d'arte. Un nick da cui questo posticino prende il nome. Io nasco sempre il giorno quattro, ma dell'aprile 1994. A Palermo, sempre. Siamo di due generazioni diverse, noi due. Lui, per età ed esperienza, potrebbe essere mio padre. Ma io un padre ce l'ho, e lui è andato in Sicilia, giovanissimo, nel lontano 1989. Una regione altra, sconosciuta, distante, in cui essere nelle forze dell'ordine non era facile. E papà è nei Carabinieri da quasi trent'anni. Molte delle cose che La mafia uccide solo d'estate mostra, almeno nella seconda parte, lui le ha vissute in prima persona. Quando Falcone e Borsellino erano in vita, lui c'era. C'era quando sono stati assassinati. Io ho vissuto lì per dieci anni. Tanti, a pensarci bene. Metà della mia vita. Palermo è un posto che conosco poco, ormai, ma non è solo un nome “comune” di città che ho sul libretto universitario. Sono nato a Palermo, ma ho perso l'accento. Ho vissuto lì, ma non ne ho mai fatto mie le tradizioni. Eppure, certe cose le sento. Credo sia naturale. E' nel mio dna. La mafia uccide solo d'estate mi ha emozionato, perché ho pensato ai miei genitori – sposati da qualche mese appena e finiti, poco più che ventenni, in un inferno segreto con le fattezze di una splendida cartolina. Ho pensato a mamma, che come la Penelope di un moderno Ulisse, guardava i notiziari da casa, chiedendosi se papà stesse bene. La mafia uccide solo d'estate mi ha stupido, perché è un film bello davvero. Un film per tutti e che parla a tutti, con i toni inediti della commedia e gli ingredienti del dramma storico. Fa fare tante risate, ma è uno scrigno grezzo di verità. Pif scrive, recita, dirige. Pif è formidabile. Ha una sensibilità fuori dal comune, uno sguardo sul mondo unico, una comicità mai scontata. Il suo, è un brevissimo romanzo di formazione, essenzialmente. La crescità di un uomo – prima bambino, poi papà – che, tra pasticcini, appuntamenti al cimitero e colpi di fulmine, si forma per le strade di una città piena di bellezza e piena di crudeltà. Piena di contraddizioni, in cui, ad ogni passo, è possibile incontrare un boss malavitoso alle prese con la nascita della sua amata primogenita o un giudice buono, coraggioso, sognatore che ti offre – al bar – un dolcetto, prima di morire. Questo film è quel dolcetto, sfornato in una famosa pasticceria del centro che avrebbe ospitato una famosa sparatoria. Qualcosa di delizioso, delicato, morbido, ma con i fori di proiettile. Noto per essere l'anima e la mente di Il testimone, su Mtv, il buon Pif abbandona la sua telecamera a mano per il cinema vero, questa volta. Il suo esordio è un piccolo gioiellino di scrittura e montaggio, in cui, in sequenze tratte dai notiziari del tempo, vengono perfettamente incastonati frammenti tutti nuovi. Complimento dei complimenti, mi ha ricordato il miglior Benigni. Quello più schietto, naif, imbranato, che – con naturalezza immensa - parlava di giochi e campi di concentramento nello stesso film.
Veronica Mars: chi non la conosce? E' un personaggio iconico ed è un nome che la biondissima Kristen Bell non si scollerà mai e poi mai di dosso. Anch'io, quando la vedo recitare o prestare la sua bella voce a un cartone animato, la identifico così: “Ma sì, la conosci: è lei, Veronica Mars!”. Piccolo segreto. Io Veronica Mars non l'ho mai visto. Era il 2004, avevo dieci anni e avevo occhi solo per il mio amato The OC: ero puro ed ingenuo, al tempo, e quella di seguire più serie contemporaneamente era un'arte che ancora, purtroppo, non possedevo. Sono passati dieci anni tondi, tondi da allora. La Bell ha ormai una carriera più che dignitosa e la serie, con la terza stagione, si è conclusa. Ma non definitivamente. Diretto da Rob Thomas, un nostalgico, lungo e nuovo episodio a forma di film. L'ho visto... perché sì! Ero curioso, avevo tempo libero e recuperare un centinaio di episodi in un giorno era troppo, anche per me. Da annunciato “non fan”. Qualche anno prima, la stessa cosa era successa con i due film di Sex & The City: mai dato un'occhiata di striscio alla serie HBO, ma per le trasposizioni cinematografiche avevo fatto uno strappo alla regola. Lo stesso è accaduto con Veronica Mars. Come l'ho trovato? All'oscuro dei dettagli più salienti della trama, conoscendo a grandi linee solo l'idea di base, mi sono seduto in poltrona e ho dedicato un'ora e mezza della mia vita a questo mix carinissimo di comicità, dramma, mistero. L'ho seguito alla perfezione e mi sono, a tratti, molto divertito. Non l'ho guardato con l'occhio immancabilmente lucido del fan che vive di ricordi, ma da spettatore aperto – di tanto in tanto - alle sorprese. Da lettore, anche. Se Veronica fosse il personaggio di un libro, posso dire con certezza che la adorerei, assolutamente. Mi è andata a genio con immensa facilità: cazzuta, svampita, ironica, acida nei momenti giusti, ma con una sottile vena romantica. La sua voce ti conduce nella Neptune che, un decennio prima, aveva abbandonato per l'università. E in un nuovo mistero, che ha, come protagonista, Logan - una vecchia fiamma che nemmeno il sospetto ha saputo spegnere. Più che un film in piena regola, questa è una rimpatriata tra amici. Un ritorno alle origini. Un episodio nato dall'intreccio di vari misteri e di varie e spontanee collaborazioni. Il giallo si regge bene, i personaggi appassionano, il ritmo non manca. Anche se invecchiati, la Bell e Jason Dohring sono sempre belli e scommetto che rivederli sullo schermo, insieme, sarà un'emozione immensa per coloro che hanno fortemente creduto in loro, facendo il tifo per quella coppia scoppiata che a volte si odiava, a volte si amava. Curiosità: le partecipazioni alla “reunion” di James Franco, Dex Shepard, Jamie Lee Curtis, Justin Long, Jerry O'Connell. E, sempre dal mondo del piccolo schermo, Max Greenfield (New Girl), Sam Huntington (Being Human US), Krysten Ritter (Non fidarti della Str****dell'interno 23). Per coloro che non l'hanno seguito, dunque, un piacevole e semplice passatempo. Per i fan, scommetto, un mondo. Io sono un nuovo fan, già: recuperare le passate stagioni è nella lista delle cose da fare. Veronica, arrivo... con dieci anni di ritardo, ma arrivo.
Una commedia sincera e sinceramente bella. Una saga familiare, lunga trent'anni e un'ora e mezza appena, su persone comunissime. I protagonisti di L'ultima ruota del carro sono le nostre famiglie in gran completo, che non hanno grandi storie da raccontare, ma che, felici o tristi che siano, - e me lo conceda il caro Tolstoj - sono tutte uniche a modo loro. Dall'assassinio di Aldo Moro al governo Berlusconi, il cast percorre fluidamente tre decenni d'Italia e diverte, emoziona, lascia qualche brivido. Eccelso e camaleontico come sempre Elio Germano, dolcissima e fresca Alessandra Mastronardi, ben delineati i comprimari: un Alessandro Haber impeccabile, un Sergio Rubino volutamente macchietta. Donne e uomini che non esistono più, valori comunissimi che non esistono più. Un discreto montaggio, una recitazione naturale e misurata, una regia pulita, un convincente lavoro di "trucco e parrucco" fanno il resto: i capelli si fanno grigi e radi, la società s'ammala, ma l'essenziale resta. Quello sì. La vita di un uomo qualunque. Una persona onesta, che ha sudato e lavorato tanto, messo al mondo un figlio e un nipotino e scoperto la più grande verità in una discarica piena di sacchetti blu e di mosche. Poetica e struggente l'ultima sequenza, con una meravigliosa Elisa che canta la sua Ecco che. L'epopea di una persona qualsiasi in una storia che, proprio per la sua universalità senza fine, riesce a fare di L'ultima ruota del carro non un film qualsiasi. Meritevole, davvero. Giovani Ribelli: un film di cui si è parlato poco, male, per i motivi più sbagliati. Spacciato per controverso e scandaloso, in realtà, oscillando tra il romanzo di formazione e il noir, è una pellicola forte e dall'intensità grande. Lo scandalo è pari a zero, ma l'intensità c'è: quella non manca. Un montaggio ottimo, uno script molto curato, personaggi credibili e vivi, alla scoperta delle origini della mitica Beat Generation. La trama? La nascita di un circolo di giovani intellettuali, tra le mura di una tradizionalista e conservatrice università americana. Dove tutto è sbagliato, tutto è proibito, tutto ha regole inviolabili. La grande sfida di questi giovani ribelli è quelle di annientare, da dentro, il sistema, con atti di sfida e protesta, amicizie non destinate a formarsi, versi liberi contrapposti ai rigidi canoni classici. I padri della Beat vengono mostrati in vesti inedite: leggende, oggi, ma che hanno vissuto, come tutti, i turbamenti dell'adolescenza e il rigore delle istituzioni scolastiche. Si scoprono anime affini. Hanno famiglie da lasciarsi alle spalle, sogni di gloria, grandi speranze. I protagonisti sono il timido, confuso e geniale Allen Gisberg – personaggio impersonato da James Franco, tra l'altro, in Urlo – e i suoi nuovi amici: trasgressivi, coraggiosi, straordinariamente fuori dall'ordinario. Giovani Ribelli è la storia della scoperta del talento immenso di Jack Kerouac – interpretato con originalità e umanità dal bravo Jack Houston -, dell'omicidio a sangue freddo di David Kammerer – il convincente Michael C. Hall, alias Dexter - , ma soprattutto è la strana storia d'amore e d'amicizia tra Gisberg e il misterioso Lucien Carr. Un personaggio, quest'ultimo, che esercita verso il fragile Allen una strana attrazione intellettuale, psicologica, sessuale. Ipnotico, tragicamente poetico, con un fascino quasi diabolico, ha il volto dell'eccellente Dane DeHaan – presto in The Amazing Spiderman e nel biopic Life, dedicato a James Dean. Lui è bravissimo, davvero: impersona il suo controverso personaggio con una sicurezza e una naturalezza impressionanti; carismatico e pieno di ombre indecifrabili. Come tutti sapranno, il suo collega altri non è che l'ex Harry Potter, Daniel Radcliffe. Un ruolo difficile, impegnativo, diverso, adulto, che affronta in maniera più che discreta: in generale, convince; sa trasmettere confusione ed emozione, ma il look, purtroppo, non sempre lo aiuta. Anche se protagonista, scompare accanto al meno noto DeHaan: siamo su pianeti a parte. Rubargli la scena non è cosa impossibile, ma non l'ho trovato particolarmete fuori luogo. A volte ha espressioni troppo esagerate e si concede qualche smorfia di troppo, ma il suo lavoro ha anche lati positivi. Lati positivi che, però, non tutti hanno messo in evidenza. Tutti troppo impegnati a parlare della scena di sesso che vede protagonisti lui e Lucien: fisica, carnale, brevissima, ma abbinata – grazie a un lavoro di montaggio alternato, affasciante a dir poco – a immagini di violenza e a frammenti sparsi di poesie. Per nulla volgare. Giovani Ribelli è una storia vera forte e suggestiva, “scapigliata” e romantica. Piena d'ispirazione, fervore, tensione emotiva. Ben diretta, ben recitata, con immagini fluidissime e nervose abbinate a una colonna sonora varia, conturbante, trascinante. Riuscito in parte il tentativo di Racliffe di svestire i panni che l'hanno reso noto, sorprendente e da tenere decisamente d'occhio – invece - il suo giovane collega.
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