Bianca come il latte, rossa come il sangue: un libro che non avrebbe dovuto piacermi, ma che eppure qualcosa me l'aveva lasciata. Diciamo pure parecchie.
Non era una storia in cui avevo rivisto ombre e riflessi di me, ma il tono malinconico e colloquiale, quei piccoli monologhi che ti aprivano la mente e il cuore, quei pochi personaggi che crescevano nell'arco di poco più di duecento pagine avevano sortito il loro potente effetto. Far di quella storia un film era un rischio. Anche perché era una storia come tante, ma era diverso il modo in cui erano raccontati l'amore, l'amicizia, la malattia. Anche perché certe scene devono essere immaginate, evocate, non viste. Anche perché, lo ammetto, la mia fiducia nei confronti del cinema italiano è limitata, scarsa. Eppure un film che, proprio come il libro, all'inizio mi aveva fatto più antipatia che altro, mi è piaciuto. Mi ha colpito. Semplice. Girato semplicemente, sceneggiato semplicemente... Semplicemente emozionante.
Rispetto
al libro cambia tanto, ma l'emozione che pervade il tutto rimane la
stessa. Restano il rosso e il bianco. Le tremila sfumature tra
l'allegria e il dolore. L'ironia e la profondità. Quei brividi
leggeri e profondissimi che ti scuotono come una pacata risata su una
panchina nel parco. Il romanzo di Alessandro ha pochi dialoghi,
sporadici monologhi, lunghe lettere scritte a sé stessi e a Dio. La
pellicola diretta da Campiotti ha un approccio completamente diverso
da come io lettore l'avevo immaginato. Il famoso incipit, letto a
voce alta nella mia stanza, era impregnata di quel bianco di cui
tanto parlava. Di una malcelata tristezza.Nel
film, accompagnato dai titoli di testa, è invece colorato, felice,
giocoso, buffo e pronunciato da un Leo in sella a un bici
sgangherata, non al cinquantino compagno di tante fughe ed incidenti
di percorso. Ad impersonare il nostro protagonista la giovane stella
di Scialla! e di
Un giorno speciale: il
non ancora ventenne Filippo Scicchitano. Un attore che mi piace
molto, ormai noto ma che ha conservato la semplicità di un ragazzo
qualunque.
E' onesto, spontaneo, bravo, con un sorriso ampio e
contagioso che lo rende perfetto nelle parti comiche e
inaspettatamente emotivo in quelle più drammatiche. Mentre la sua
migliore amica Silvia è interpretata dalla genuina e naturale Aurora
Ruffino, il suo oggetto del desiderio è incarnato da Gaia Weiss.
Essendo italianissima nel romanzo, la scelta di un'attrice straniera
– e non dai capelli naturalmente rossi! - per il ruolo di Beatrice
mi è apparsa inadatta fino ai primi minuti della proiezione del
film. Poi ho capito anch'io: non è nata in Italia, ma sembra essere
nata per il ruolo della “dea” personale di Leo.
E'
eterea, raffinata e lontana come la Francia da cui, nel film, proviene. Un
simbolo come la Torre Eiffel, una bellissima diva da tappeto rosso
che mostrerà ogni singola sofferenza, ogni sua vulnerabilità a uno
Scicchitano sempre più innamorato e sempre più maturo. Grazie a
Flavio Insinna, al simpatico Romolo Guerrieri e a un'esilarante scena
di una copiatura alla Mission Impossible
durante il compito di matematica, le risate non mancano.
Ma c'è
posto anche per la commozione nel momento in cui le scene più
emozionanti del libro le troviamo riproposte pari passo o lette in
chiave inedita: il momento in cui il protagonista scappa via
dall'ospedale, davanti a una Beatrice che non riconosce nemmeno:
senza i suoi vaporosi capelli ramati, senza la sua innata
femminilità; i dialoghi senza peli sulla lingua e pregiudizi tra Leo
e il suo prof di lettere... Un bravissimo Luca Argentero è Il
sognatore. Un personaggio poco presente sulla scena, ma che lega
proprio tutto: che incatena Leo sul ring di una palestra, che gli fa
capire l'importanza delle scelte e l'ordine naturale dei sogni.
Attori sui quali, eppure, avevo sentito diverse critiche, mi sono
sembrati a loro agio e perfettamente in parte. Critiche che avevo
sentito anche riguardo alla colonna sonora e che, in parte,
condivido anch'io: il libro emanava una grande musicalità, tra le
altre cose, ma i pezzi dei Modà sparati a profusione – per quanto gradevoli possano essere – , intervallati ogni tanto da brani di
musica classica usati con grande ironia, non aiutano purtroppo a
riproporla al cinema. Un film riuscito, nonostante qualche perdonabile
intoppo qua e là: simpatico, romantico, pulito, buon nell'anima.
Come il pane. Come una parola gentile. Come il romanzo a cui
s'ispira.




