Il signor Grinch si guardò attorno. Lì, a casa sua, il giorno di Natale doveva essere tutto rigorosamente buio al punto che, essendo mattina presto, faceva fatica a definire i contorni delle sue cose. Non sempre c’era così scuro, anzi quasi mai, ma a Natale sì.
“E piantala una volta per tutte!”. Questo ogni anno, da molti a questa parte, gli ripeteva il suo medico, che se non fosse stato per l’amicizia già dai tempi dell’asilo, avrebbe volentieri cacciato di casa.
“Questo è l’ultimo anno che ti prescrivo medicine per l’orticaria… Perché non ti rilassi e ammetti che Natale non è un giorno come tutti gli altri?”
Mai è poi mai avrebbe potuto ammettere una cosa simile. Mai avrebbe considerato Natale un giorno speciale, a costo di scorticarsi. Quanto lo irritavano le luci, l’atmosfera; per non parlare dei canti e di tutte le libagioni! Puah!
Luci, pallette, pallette, luci…che roba assurda, avrebbe per istinto strappato volentieri tutti gli addobbi. Che sciocchezze! Il mondo a Natale si trasformava nella brutta coppia di un luna park. La strada diventava un fiume incontrollabile di pazzi, talmente piena che ormai evitava di uscire. Similmente non rispondeva al telefono o apriva la porta per il timore che qualcuno osasse fargli gli auguri.
Il giorno prima, quando quella ragnetta del piano di sotto, che non arrivava alla maniglia della porta gli si parò davanti: “Signore, la mamma le manda questi per gli auguri di Natale”, così gli disse, mandandogli un bacino con la mano, lui pensava proprio fosse il postino. Teneva stretto un pacchettino che ovviamente non avrebbe mai aperto. Ora che arrivava la luce del giorno lo poteva distinguere nettamente tra le sue carabattole, per via della carta fastidiosamente luccicante e per il profumo che stava ammorbando tutta la cucina: profumo di cioccolata.
Cosa poteva succedergli se avesse scartato il pacchetto? “Niente”, pensò. Lo aprì. Non erano piccoli panettoni o pandorini o una sorta di quegli orribili luccicanti, dolci di Natale. Era nero, quasi deforme, molto vicino alla sua solitudine agognata più di quanto immaginasse.E assieme ai dolci: un bigliettino. Non lo guardò più di un secondo ovviamente, anzi ebbe la chiara ma non determinata tentazione di gettarlo nella spazzatura all’istante, come se bruciasse.
Fuori dalla finestra la giornata si presentava luminosa, e meno male: se ci fosse stata la neve la sua orticaria sarebbe arrivata al culmine. Non si chiese se fosse per quello strano primaverile sole di Natale o perché una temibile tenerezza gli si stava insinuando dentro. Non si chiese: lo lesse.
“Voglia gradire i nostri migliori auguri di un felice Natale e il nostro invito al pranzo”.
Ma quel Natale! Quale felice! Quale pranzo di Natale…Buttò il biglietto nel bidone, schiacciò tutto così bene che lo inzaccherò con i fondi del caffè; poi si lavò, si vestì e si mise al lavoro. Aveva pratiche urgenti da sbrigare e non voleva perdere tempo in pensieri assurdi.
Il signor Grinch non sapeva che i pensieri arrivano lo stesso; che non c’è nulla da fare se crolla la diga dei ricordi; che se la faccia si bagna di lacrime si possono solo asciugare e non fermare.
Non voleva, ma dovette farlo: si ricordò del loro primo Natale insieme. Una tavola imbandita, la musica soffusa, le luci dell’albero. Si ricordò di lei: pallida e bellissima, la dolcezza della sua vita. E poi fu solo dolore… troppo grande.
Non si dovrebbe morire a Natale.
Con un gesto finalmente non di rabbia ma di liberazione buttò le carte all’aria, spezzò a metà un dolcetto e si accorse che lì, in quel dolcetto nero senza alcuna pretesa natalizia, c’era un cuore, morbidamente adagiato. Ne mangiò un pezzettino e lo colse, allora, una strana sensazione di abbandono, calore, nostalgia, armonia. Da molto non si sentiva così spossato. Se anche in quel dolcetto ci fosse stato un veleno mortale doveva essere comunque magico.
In quella mattina, di quell’insolito Natale pieno di sole e di voglia di vita, il signor Grinch aprì la porta, forse nemmeno la richiuse; scese di corsa le scale e bussò.
Per prima cosa mettete i cioccolatini in freezer e teneteli fino a congelarli. Prendete due ciotole, in una mettete il burro morbido quasi fuso con l’uovo e amalgamate. Nell’altra ciotola mettete la farina, lo zucchero, il cacao e il lievito setacciati e il sale. Mescolatei il composto in polvere con una forchetta. Unite il composto liquido e non mescolate troppo. Versate il latte quanto ne basta per diluirlo leggermente e ottenere un impasto amalgamato ma ancora leggermente granuloso. Mettete negli stampini da muffin 1 cucchiaio di impasto e adagiatevi il cioccolatino appena tolto dal freezer; poi chiudete con un altro po’ di impasto. Infornate a 170 °C per 25/30 minuti in modalità statica. Sformate, decorate o spolverate con zucchero a velo o cacao. Certi cioccolatini tendono a sformarsi, ma non fa nulla, perchè il muffin è comunque molto buono.
A voi tutti giunga il mio augurio di buone feste.
E sempre grazie di leggermi