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Multiculturalismo à la carte: il caso del barcone maledetto

Creato il 04 dicembre 2011 da Davide

Tra la fine di novembre e l’inizio di dicembre sono apparsi sui quotidiani degli articoli che sembrano riferirsi a uno stesso episodio, ma che a una seconda lettura riportano a episodi differenti, confusi nella mente del cronista e impaccati in un’unica storia. Anche i dettagli variano, la guerra etnica sembra essere tra nigeriani e ghanesi contro magrebini, che hanno la peggio, oppure i nigeriani aggrediscono i ghanesi e dei nordafricani non c’è menzione, oppure la cosa è in gran parte un ‘affare’ nigeriano, vittime e carnefici. Ma un dettaglio è sempre lo stesso: i riti magici vedono un gruppo di nigeriani, a volte insieme a donne nigeriane che guidano il rito, fanno dei sacrifici agli dei del mare per placarli, oppure cercano il ‘giona’ (avete visto Master e commander? È quello che porta sfortuna), colpevole di aver fatto andare in avaria il motore, o ragioni simili. In qualche caso uniscono l’utile al dilettevole e buttano fuori bordo anche quelli che protestano o in qualche modo disturbano, compreso un bimbo che piange troppo e la madre incinta. Al momento sono sicuri almeno due episodi, uno avvenuto in maggio e uno in agosto, con esiti simili ma protagonisti diversi.
Un articolo recente nella cronaca di Palermo di Repubblica di Fabio Russello titola: Guerra etnica sul barcone, sacrifici agli dei. profughi uccisi, arrestati 5 immigrati Fecero annegare in mare aperto almeno dieci persone imbarcate durante la traversata tra la Libia e Lampedusa. Presi dalla squadra mobile di Agrigento. Avevano un permesso di soggiorno per motivi umanitari.
Ma un articolo di Attilio Bolzoni su Repubblica dell’11 maggio 2011 titolava Gettati in mare a metà traversata, rito tribale per placare la tempesta Raffaele Carcano su newsrassegna.camera.it riassume l’articolo di Bolzoni: Attlio Bolzoni ha ripercorso oggi per Repubblica un tragico episodio, ora al vaglio dei magistrati della procura di Agrigento. Uno dei barconi di immigrati che nelle scorse settimane hanno raggiunto Lampedusa sarebbe stato colto dalla tempesta durante il tragitto. Per placare gli “spiriti maligni” e far tornare il mare calmo, cinque uomini ghanesi ritenuti “posseduti” sarebbero stati buttati vivi a mare da un gruppo di nigeriani. La denuncia di un sesto ragazzino ghanese è stata poi raccolta all’arrivo da Save the Children. Bolzoni scrive che episodi di questo tipo si sono già verificati in passato ma non sono mai stati confermati salvo in un caso, in cui altri quattro nigeriani sono stati condannati in primo grado a trent’anni di reclusione per aver ’sacrificato’ tredici connazionali.

Francesco Viviano su La Repubblica.it dell’1 dicembre: “Donna incinta e bimbo gettati in mare vivi”. Il salvataggio del 4 agosto: le testimonianze dei sopravvissuti alla polizia ed ai giudici di Agrigento su ciò che avvenne durante la traversata dal Nord Africa. “Violentavano le donne e con un rito selvaggio decidevano chi doveva morire o salvarsi”. Arrestati i colpevoli.
Felice Cavallaro scriveva il 30 novembre 2011 sul Corriere, tra l’altro: PREGHIERE E DELITTI – Tutti riconosciuti nei mesi scorsi da numerosi testi interrogati in diversi Centri accoglienza sparsi nella penisola. E’ il caso di Mohamed Yacoub Ibrahim: «Ho visto delle donne di carnagione scura, credo nigeriana, fare movimenti di riti magici al termine dei quali indicavano una delle persone presenti… e uno di loro ha afferrato il primo uomo indicato dalle donne, aiutato dagli altri del gruppo. L’hanno legato mani e piedi e lo hanno buttato in mare ancora vivo». E ancora Amadou Diarra, vivo per miracolo: «Una ragazza del gruppo di preghiera mi ha indicato come uno dei responsabili del guasto del motore, e quindi dovevo essere buttato in mare. È intervenuto a mia difesa un mio amico, Moussa Tourre, che mi ha salvato parlando con loro. Ma ho visto buttare sei persone vive in mare da quegli stessi fanatici…». Chi poteva cercava di difendersi. Come un uomo che, trovato un coltello, lo brandiva contro gli scafisti. Episodio ricostruito da una delle testimoni, Veronica Ehidiane: «Non s’è accorto che uno degli scafisti arrivava alle sue spalle. Immobilizzato, l’hanno portato in stiva. Si sentivano le urla. Dopo poco lo hanno riportato su, le mani legate dietro le spalle con la sua stessa maglietta. Nonostante i tentativi di liberarsi, veniva buttato in mare dove scompariva subito dopo. Sotto i nostri occhi. Mentre quelli gridavano che lo stesso trattamento sarebbe stato riservato a chiunque avesse creato problemi».
I colpevoli dei vari episodi scoperti, che se ne stavano, almeno gli ultimi, tranquilli con permessi di soggiorno umanitari e avevano già ottenuto lo status di rifugiati politici (garantiti da chi? Qualche associazione cattolica?), sono tutti accusati di omicidio plurimo doloso, pluriaggravato dai motivi abietti e futili.
MOTIVI ABIETTI E FUTILI? Cercare di placare gli dei del mare o di scovare il Giona e liberarsene sono tutt’altro che “motivi abietti e futili”. A me sembrano motivi gravi e serissimi, in base ai quali si deve ricorrere a misure estreme.
Nel 1937 Evans-Pritchard (Edward E. Evans – Pritchard, Stregoneria, oracoli e magia tra gli Azande, Franco Angeli Editore, Milano 1976) riassumeva il pensiero degli Azande:

“Il pensiero degli Azande è talmente diverso dal nostro da permetterci solamente di descrivere le loro parole ed azioni, senza comprenderle, oppure è essenzialmente analogo, benché espresso in un idioma al quale non siamo abituati? Quali sono le motivazioni del loro comportamento? Quali concetti essi si formano della realtà? Come, questi concetti e motivazioni si esprimono nel costume? Ho sempre cercato di tenere presenti questi grandi problemi sociologici, affinché il mio resoconto fosse una descrizione rispondente a un fine, piuttosto che una mera registrazione di fatti.” (p. 35). “fra gli Azande qualsiasi disgrazia può essere attribuita, come infatti avviene generalmente, alla magia, che essi considerano una condizione organica interna anche se la sua azione è considerata di tipo psichico … colui che le [disgrazie] subisce consulta gli oracoli oppure un indovino … gli Azande posseggono tutto un vasto campo di tecniche e di conoscenze magiche … cui largamente si ricorre per proteggere persone e attività dalla stregoneria. In tal modo stregoneria, oracoli e magia costituiscono un complesso sistema di credenze e di riti che acquistano un senso soltanto se visti come parti interdipendenti di un unico complesso. Questo sistema ha una struttura logica. Una volta stabiliti alcuni postulati, risultano valide le conclusioni e l’azione basata su di essi. La stregoneria provoca la morte. Perciò la morte costituisce prova di stregoneria e gli oracoli confermano che fu proprio la stregoneria a provocarla …” (Evans-Pritchard, 1971: 121-122). “Gli Azande credono che taluni individui siano stregoni e possano arrecare loro del male in forza di una qualità intrinseca. Uno stregone non compie alcun rito, non pronuncia formule magiche, non possiede medicine. Un atto di stregoneria è un atto psichico. Essi credono anche che i fattucchieri possano loro nuocere compiendo riti magici per mezzo di medicine malefiche. Gli Azande distinguono nettamente tra stregoni e fattucchieri. Contro gli uni e gli altri ricorrono a divinatori, oracoli e medicine. Le relazioni che intercorrono tra queste credenze e questi riti costituiscono l’oggetto del nostro libro.” (p. 1). La stregoneria per gli Azande è la seconda lancia, l’umbaga, nella misura in cui «quando un uomo è ucciso da un elefante, l’elefante è la prima lancia, mentre la stregoneria è la seconda e, insieme, hanno ucciso l’uomo. Quando qualcuno in guerra uccide un uomo con la propria lancia, l’uccisore è la prima lancia, mentre la stregoneria è la seconda, e insieme ne hanno provocato la morte» (p. 112).

Robert Darnton in Un ricordo di Clifford Geertz (La Rivista dei Libri) ricorda come Clifford Geerz aveva affrontato un corso accademico:

Nel progettare il corso scegliemmo una strategia piuttosto diretta: gli studenti dovevano comparare una monografia storica e una antropologica sullo stesso argomento (a esempio La religione e il declino della magia di Keith Thomas e Stregoneria, oracoli e magia tra gli azande di E.E. Evans-Pritchard). … Gli elisabettiani di Thomas, come è ovvio, abitavano in un mondo diverso rispetto agli africani di Evans-Pritchard, tuttavia Cliff trovava il modo di realizzare significative comparazioni tra i loro due punti di vista sulla stregoneria. Lavorando sul campo nel Sudan meridionale negli anni ’20, Evans-Pritchard imparò che gli azande attribuivano tutti i disastri alla stregoneria e avevano un modo rigorosamente empirico per spiegare come questa operasse. Quando un granaio costruito su pali crollava e uccideva un uomo che si era addormentato proprio lí sotto, riconoscevano che i pali erano stati divorati dalle termiti. Erano dunque le termiti la causa della morte? Certamente no, diceva Cliff, sintetizzando i famosi dialoghi di Evans-Pritchard con i suoi informatori tra i nativi. Perché dunque quel granaio era crollato su quell’uomo particolare in quel momento specifico? Si chiedevano. “Sfortuna”, la risposta Occidentale, non era affatto una risposta secondo i nativi. Il concetto di “fortuna” veniva rifiutato in quanto ancora più debole di quello di stregoneria, che i nativi capivano perché ha manifestazioni materiali riconoscibili. Spiegando il carattere autoconfermativo dell’intero sistema di pensiero degli azande, Cliff finiva per farli sembrare più ragionevoli, a loro modo, rispetto ai fanatici dell’Inghilterra del XVII secolo con i loro strumenti di tortura e i roghi umani.”

Un interessante articolo sulla magia nera nell’Africa attuale  conferma un fenomeno noto agli antropologi: cioè che con la modernizzazione le credenze magiche non sono relegate a qualche vecchietto in villaggi marginali dentro la foresta, ma al contrario sono fiorenti anche tra le classi dirigenti e accademiche. E’ un fenomeno che conoscevamo anche per le religioni afro-americane e caraibiche. E’ una realtà che da noi subisce un oscuramento quasi totale da parte di chi crede di fare un favore alla causa del multiculturalismo. Ma parlare di integrazione con mezza bocca e di multiculturalismo con l’altro mezzo è un ossimoro e per di più fa un cattivo servizio a quelli che sarebbero i supposti beneficiati. Oltre a rendere opaco e pericoloso il problema del crimine organizzato nigeriano in Italia, che è emerso per un breve attimo a Padova la scorsa estate con un paio di seri episodi di violenza. In breve, il membro di una gang fuggito a Padova per evitare la vendetta degli affiliati di una gang rivale è stato ferito a colpi di machete vicino a casa mia. Il crimine organizzato nigeriano si basa su gang dette Confraternite (fraternities), nate nelle università nigeriane e presente anche ai maggiori livelli di governo. Una delle basi del potere delle Confraternite, oltre alla violenza, è la magia nera. Questo potrebbe spiegare l’atteggiamento passivo delle vittime che traspare in alcuni articoli sul barconi maledetti. Per avere un’idea delle Confraternite vedere Confraternite nigeriane  e Confraternities in Nigeria  e l’articolo dell’Economist (2008) Nigeria: Cults of Violence.
Riprendendo il discorso delle persone arrestate per motivi futili e abbietti, vale la pena di osservare, per prima cosa, che ‘nigeriani’ vuol dire poco, perché sono milioni di persone appartenenti a decine di etnie profondamente diverse e rivali. E’ evidente, dalle poche citazioni classiche più sopra, che la stregoneria e i riti associati, chiamati spregiativamente ed erroneamente riti vudù dai giornalisti (il vudù è una religione caraibica), fanno parte integrante e fondamentale delle culture di questi gruppi etnici, analogamente a come i concetti di ‘male’ e di ‘demonio’ fanno parte della religione cattolica. Per assurdo, se di fronte alla tempesta scafisti e passeggeri avessero improvvisato una messa per invocare dio o qualche santo dei naviganti e la barca senza nessuno al timone fosse affondata, qualcuno avrebbe condannato sui giornali e in tribunale gli eventuali sopravvissuti come stupidi incompetenti e superstiziosi criminali (in questo caso colposi)? Non credo proprio, anzi. Se si fanno discorsi di tipo multiculturale non si può scegliere à la carte, anche se a dire il vero chi lo fa in realtà dice ‘integrazione’ che è una cosa del tutto diversa e implica che si possa praticare una versione da cartolina della propria cultura, come fanno certi sindaci che finanziano feste folcloristiche di immigrati in piazza un paio di volte l’anno. Integrare significa distruggere il multiculturalismo, annichilire la cultura vera e promuoverne una versione addomesticata e innocua supersoft. Il ristorante culturale offre solo pranzi fissi, non à la carte.


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