Dopo 12 lunghi anni di lotte e battaglie contro lo Stato, la camorra e la leucemia, Roberto Mancini muore a soli 53 anni. Quella di Roberto Mancini, sostituto commissario di Polizia a Roma, è una storia fatta di amarezza, indifferenza e depistaggi.
Fu proprio Roberto Mancini infatti, ad indagare per primo (ben 20 anni fa) sul traffico illegale di rifiuti che hanno avvelenato la provincia di Napoli e di Caserta, indagini mai prese in considerazione e che dopo quasi un decennio lo hanno portato alla morte. Ad uccidere il poliziotto questa mattina all’ospedale di Perugia, un linfoma non-Hodgkin, ovvero cancro al sangue, sviluppatosi a causa del contatto prolungato da parte dell’uomo con i veleni respirati durante anni di lavoro tra rifiuti tossici e radioattivi.
Qualche anno fa Mancini dichiarava: “Se qualcuno avesse preso in considerazione la mia indagine forse non ci sarebbe stata Gomorra. Da 11 anni lotto contro il cancro e ho fatto causa alla Camera dei Deputati dopo aver ricevuto un indennizzo di soli 5mila euro”.
Le indagini ad opera del commissario iniziarono all’inizio degli anni ’90 e già nel 1996, dieci anni prima dell’esplosione del caso portato alla luce dal libro “Gomorra” di Roberto Saviano, fu consegnata dal Mancini un’informativa alla Procura di Napoli presa in considerazione solo cinque anni più tardi. Informativa contenente incartamenti che svelavano nel dettaglio, attraverso intercettazioni, pedinamenti e dichiarazioni di pentiti, i colpevoli della strage, compresi i nomi delle aziende del Nord, come l’Indesit e la Q8, pronte a sversare illegalmente rifiuti ad alto potenziale tossico nelle terre dei contadini campani.
Una lunga indagine che metteva in luce i complicati rapporti esistenti tra camorra, massoneria e politica a danno dei cittadini. Eppure l’informativa rimase sepolta in un archivio per oltre 15 anni, lasciando agire indisturbato proprio quel sistema criminale che, senza scrupoli, ha messo in atto una vera e propria strage di massa che continua a mietere vittime.
E proprio durante queste indagini, tra 1997 e il 2001, mentre Mancini lavora come consulente per la Commissione rifiuti della Camera dei deputati che si ammala di Linfoma non-Hodgkin. Una leucemia che non gli da scampo e che questa mattina lo ha portato alla morte.
A rendere la situazione ancora più triste ed insopportabile la risposta dello Stato che, dopo aver certificato il suo cancro del sangue come “causa di servizio” gli riconosce un indennizzo di appena 5000 euro, insufficienti alle cure. A nulla sono valse le 50mila raccolte per far si che all’uomo venisse riconosciuto il giusto indennizzo.
La moglie Monika lancia un appello a quello stesso Stato che avrebbe dovuto difendere suo marito e le migliaia di persone che abitano la Terra dei Fuochi e che invece, ha agito con indifferenza e noncuranza : “Spero che le sofferenze che Roberto ha dovuto sopportare per aver servito lo Stato contro le ecomafie in Campania non cadano nell’indifferenza delle istituzioni e dell’opinione pubblica e mi auguro che il suo ricordo possa servire da esempio per tutti coloro che non vogliono arrendersi a chi vuole avvelenare le nostre terre, le nostre vite”.