Nuovo numero della sempre temibile rubrica MTLYJT che, visto il periodo dell’anno, serve anche da recuperone in anticipo (una nuova frontiera della professionalità qui a MS). Nel caso siate ancora indecisi su cosa farvi portare da Babbo Natale, spero che codesta strenna narco-natalizia possa essere da guida per voi e le vostre mamme e fidanzate sugli ultimi acquisti da fare prima di dedicarvi anima e corpo al culto del panettone.
Monolord – Vænir: qualche numero fa venne promesso che ne avremmo parlato con considerevole ritardo e siamo stati di parola. Ce ne occupiamo quindi circa sei mesi dopo la data di uscita, giusto il tempo necessario per digerire un lavoro di tale pesantezza. Il secondo album degli svedesi è sempre una faccenda che gira intorno al monolitico monoriff ed è anche piuttosto in linea con il precedente ma meglio, se Empress Rising trovava il suo centro e apice quasi esclusivamente nella title track, nel caso di Vænir i pezzi validi sono praticamente tutti (avrei tagliato solo Nuclear Death, abbastanza incolore). La differenza maggiore la fanno le parti vocali che in questa prova sono molto più curate e definite; il trio si cimenta addirittura con il brano acustico che, come giusto che sia, scopiazza senza pietà un pezzo simile scritto da un noto signore mancino con i baffoni. Ma questo non può essere certo un problema, quando si copia quella mano va sempre tutto bene.
Uncle Acid & The Deadbeats – The Night Creeper: sono alcuni anni che il filone vintage occulto rappresenta pressoché il meglio della produzione metal, le uscite però si moltiplicano ed io comincio ad essere leggermente saturo. Escono miliardi di cose che suonano un po’ tutte alla stessa maniera e fanno riferimento ai medesimi canoni estetici, ma alla fine, quando vai a filtrare, quelli realmente validi restano un numero piuttosto ridotto. Fra questi gli Uncle Acid si difendono ancora alla grandissima e nel nuovo album si mostrano meritevoli dello status acquisito. The Night Creeper si piazza a metà fra l’immediatezza di Blood Lust e la malattia di Mind Control. Non ci sono evoluzioni particolari del sound, lo scarto di serietà è già avvenuto e quindi la differenza rispetto ai diretti concorrenti la fanno solo i pezzi. Pusher Man è tra le canzoni dell’anno e siamo quasi alla perfezione del genere: un mix esemplare quanto indefinibile di senso di pericolo, narcotici e presenza del maligno. È una questione inafferrabile di equilibrio e loro sembrano averlo trovato in questi mid-tempo fra nausea e giramenti di testa. Non credo sia una questione di formule, penso sia piuttosto un periodo di particolare ispirazione, godiamocelo finché dura.
Quest’anno il veglione di capodanno si fa a casa di Dave Wyndorf
Monster Magnet – Cobras & Fire (The Mastermind Redux): l’esperimento fatto lo scorso anno con Milking The Stars deve aver dato parecchio gusto al Sig. Wyndorf che, a breve distanza di tempo, ci ripropone lo stesso giochetto revisionista con il proprio album del 2010. Stralci più o meno ampi del disco vengono imbottiti di psicotropi e squagliati nell’acido, facendo quindi ciò che era giusto fare fin dal principio. Essendo il materiale di partenza di Mastermind assai meno sbroccato di Last Patrol, il lavoro di revisione incide nel complesso in maniera ancora più profonda di quanto avvenuto in quell’occasione. La nuova versione di Hallucination Bomb è epica. Notevoli i nuovi innesti fra cui la cover di Ball Of Confusion (in origine una cosa di area Motown) e la clamorosa traccia finale: un mash-up furioso di vari frammenti ad opera del famigerato Joe Barresi. Ora non so se i Monster Magnet abbiano intenzione di riproporci la propria carriera a ritroso, forse però farebbero meglio a sfruttare il momento propizio lavorando a del nuovo materiale con lo stesso spirito con cui hanno messo mano a questi esperimenti. Detto questo un ipotetico ‘what if’ di Monolithic Baby! non mi dispiacerebbe affatto.
Acid Witch – Midnight Movies: il cinema horror è da sempre parte integrante dell’immaginario metallaro, gli Acid Witch da buoni esponenti del nerdismo mefistofelico sublimano la loro passione per il genere in questo ep di quattro pezzi dedicato a rivisitare vari temi del filone filmico in questione. La scelta di un tema così circoscritto differenzia in positivo Midnight Movies dalla maggior parte dei dischi di cover (occhio che è uscito quello di Danzig), nel caso specifico poi il doversi misurare con roba altrui è anche un mezzo per andare oltre i limiti del proprio songwriting, che nel caso dei quattro scoppiatoni di Detroit è irresistibile ma comunque limitato. Colonna sonora ideale per la tombolata di fine anno col brivido. Tante care cose a tutti e, mi raccomando, non vi abbuffate.