Per me gli Arcturus significavano qualcosa di importante. Nel senso che da ragazzino me li figuravo veramente come dei soggetti misteriosi e detentori di una qualche verità ultima che, data la mia giovine età, non riuscivo a cogliere appieno. Così che un Aspera Hiems Symfonia si posizionava fisicamente in una piccola celletta, in mezzo agli altri cd ma ben in evidenza, quasi fosse su un altarino votivo. Quella roba lì che è venuta in seguito, e che coloro i quali ne sanno tantissimo definiscono avant-garde metal, a me fa pensare solo al concetto di bububu, ormai amplissimo ed onnicomprensivo di qualsivoglia sensazione di dubbio, insensatezza ed inadeguatezza, ma che, come un blob irrefrenabile, sta sviluppando nuovi e più emozionanti significati semantici. Dovrei riascoltarmelo, ok, perché non lo sento veramente dall’epoca, ma già un La Masquerade Infernale, al netto dell’idolatria nei confronti di Hellhammer, Sverd e Skoll, mi parve poco vicino ai miei gusti e quella verità di cui sopra si allontanava sempre più. Li abbandono per sempre. Beh, no, perché li riprendo adesso. Sarebbe più corretto metterci un punto interrogativo dopo questa frase: perché li riprendo adesso? Non lo so, ma so di aver buttato il mio tempo al cesso. Una estetica che vorrebbe parlare di pirati spaziali o del cazzo che vi frega ma che invece mi rappresenta solo una manica di scappati dal circo Barnum. Un ICS Vortex, colui il quale interviene sempre quando le cose cominciano ad andare male (Trainspotting dixit) e che puntualmente raccoglie gli scarti di Garm, sempre più isterico e gallinaceo, si sovrappone a una base musicale altrettanto isterica e confusionaria che mi fa dire più che mai, anzi aiutatemi a dirlo forte: BUBUBU!
Amici, forse sono io che in ‘sto periodo non me ne va bene una, ma porco quel tizio lì se starò qui di nuovo a parlarvi degli Arcturus e del successore di questo Arcturian (anche qui, sempre più porco quel tale, ma che veramente facevano sul serio con questo titolo?).
Adesso, per coerenza logica, dovrei parlarvi di A Umbra Omega (che probabilmente è stato registrato in Spoleto), l’ultimo album dei Dødheimsgard, altro gruppo che ha raccolto un qualche passato tripudio e diventato progressivamente oggetto di costante ripudio, ma non ce la faccio proprio, scusate (per la cronaca, bububu anche qui come se piovesse merda). Invece vi parlo degli Ages. Gli Ages, bambini miei, sono tre svedesi che quest’anno fanno uscire il loro primo full. Fino ad ora, leggo su Metal Archives, hanno pubblicato solo dei singoli e sono attivi dal 2011. Io non li conoscevo. Il disco in oggetto si chiama The Malefic Miasma e sì, è un titolo idiota (certo non ai livelli di Arcturian degli Arcturus) che tutto lascerebbe presagire un altro bububu grosso quanto una casa, cosa che poi non è. Invece trattasi di uno dei migliori, o più interessanti, come preferite, dischi di black metal che ho ascoltato da svariati mesi a questa parte. Non si tratta di ragazzini ma di gente della nostra età che ha suonato in gruppi che non ho mai sentito nominare (a parte un vago periodo Dissection per uno di loro) e che non ha mai brillato in campo ‘artistico’ e forse neanche gliene frega una mazza. Gliel’ho fatto sentire ai miei sodali ma loro sembrano non aver apprezzato o erano troppo distratti dall’indigestione di torte post Tube per dedicarvisi con la dovuta attenzione. In pratica questi tizi fanno un black metal melodico molto semplice e vagamente cascadico, davvero immediato, che all’inizio potrebbe anche lasciar presagire una qualche deriva borknagariana e da avanguardisti col botto ma che invece si stabilizza su sonorità molto piane e comprensibili. In copertina ci sta pure una colomba bianca ma io ho smesso da un pezzo di cercare di cogliere i messaggi che testi e artwork di gruppi BM vorrebbero lanciare, cercando di concentrarmi il più possibile sulle sensazioni che mi trasmettono. E questi qui ne trasmettono di interessanti. (Charles)