Pjotr Il’ič Čajkovskij (1840-1893): Trio per pianoforte, violino e violoncello in la minore, op. 50
Pjotr Czajkovkij
Nikolaj Rubinstein
Nadjezda von Meck
Il Trio per pianoforte è una delle forme musicali più consone alla mia natura e ai miei gusti melodici. Verso la fine del XVIII secolo nel Trio il pianoforte sostituì il clavicembalo, e uno dei primi a usarlo nella sue composizioni fu Haydn, seguito poi com’è noto da Mozart, Beethoven, Schubert, Schumann e molti altri. Ma prima di Haydn dobbiamo ricordare un anonimo musicista austriaco, poco conosciuto ma dotato sicuramente di un animo poetico e di un finissimo udito, il quale fu uno dei primi, se non addirittura il primo, a impiegare il pianoforte insieme col violino e il violoncello. Ecco cosa ho letto al riguardo in una vecchia Storia della musica, anch’essa purtroppo anonima:
“Un giorno un musicista austriaco, passeggiando lungo un viale alberato, passò accanto a una piccola chiesa immersa nel verde. Ad un tratto la campana di quest’ultima cominciò a sonare e, contemporaneamente un usignolo iniziò il suo canto melodioso, mentre il vento mormorava una preghiera tra i rami. Al sensibile compositore il suono della campana suggerì subito il suono del pianoforte, il canto dell’uccello – il suono del violino e la preghiera del vento – il violoncello, e compose un Trio. Disgraziatamente l’opera andò perduta nell’incendio della biblioteca ove era conservata, e a noi non resta altro che immaginarne la bellezza dello sviluppo armonico e tematico.”
Tra i musicisti summenzionati, dobbiamo includere Pjotr Il’ič Čajkovskij con il suo celebre Trio per pianoforte, violino e violoncello in la minore op. 50. Esso fu eseguito per la prima volta al Conservatorio di Mosca il 23 marzo 1882. Gli interpreti furono: Sergej Taneev (pianoforte), Jan Hřímalý (violino), Wilhelm Fitzenhagen (violoncello).
Fu composto a Roma tra il 14 dicembre 1881 e il 9 febbraio 1882, e reca il sottotitolo In memoria di un grande artista, dedica che si riferisce a Nikolaj Grigor’evič Rubinštein, morto a Parigi il 23 marzo 1881 – (fratello del più celebre Anton), compositore, direttore d’orchestra e grande virtuoso del pianoforte, nonché fondatore e direttore del Conservatorio di Mosca e carissimo amico di Čajkovskij.
Il Trio è costruito in modo assai singolare in due soli movimenti di dimensioni molto ampie, per una durata complessiva di circa 50 minuti: un Pezzo elegiaco (Moderato assai, allegro giusto) e un Tema con 12 variazioni. Il primo tema del Pezzo elegiaco, introdotto dal violoncello e ripetuto dal violino, ha un incanto nostalgico che rappresenta forse uno dei momenti più alti dell’intera produzione di Čajkovskij. Questo splendido tema iniziale tornerà poi alla fine del Trio, affidato agli archi alternati (piangendo) sul funebre accompagnamento del pianoforte (pianissimo, poco a poco morendo). Il secondo movimento inizia con una melodia quasi classica, molto simile alle Variazioni su un tema rococò per violoncello. “Il tema – scrive il critico musicale Mauro Mariani – ha la semplicità e la raffinatezza di una mendelssohniana Romanza senza parole, eppure è una melodia popolare che nel ricordo del compositore si collegava a Rubinštein, insieme al quale l’aveva ascoltata durante una festa campestre nei pressi di Mosca”.
E’ l’unica composizione di Čajkovskij per piano, violino e violoncello. Nel 1880 la sua benefattrice Nadĕžda von Meck lo aveva pregato di scrivere un Trio, ma egli si rifiutò, e in una sua lettera alla generosa mecenate, datata 5 novembre 1880, egli spiegava così il suo rifiuto: “Mi avete chiesto perché non ho mai scritto un Trio. Perdonatemi, cara amica…Semplicemente non posso sopportare la sovrapposizione del pianoforte al violino e al violoncello. Per la mia mente i timbri di questi strumenti non si possono armonizzare tra loro…è una tortura per me ascoltare un Trio o una Sonata per archi e pianoforte. Per me il pianoforte può essere efficace soltanto in tre casi: da solo, con l’orchestra o come accompagnamento, cioè come sottofondo di un quadro”.
Tuttavia poco più di un anno dopo egli compose questo Trio per pianoforte, senza che gli fosse stato nuovamente richiesto, e pur avendo a disposizione molte altre forme musicali. In una successiva lettera alla von Meck del 27 dicembre 1881, egli scrive: “…Malgrado la mia antipatia per questa combinazione di strumenti, sto pensando di sperimentare questo genere musicale, che finora ho trascurato. Ho già scritto la parte iniziale di un Trio. Se riuscirò a portarlo a termine con successo non lo so, ma vorrei tanto che ciò che ho iniziato fosse felicemente concluso. Non vi nascondo il grande sforzo di volontà necessario a mettere per iscritto le mie idee musicali in questa nuova e insolita forma. Ma vorrei superare tutte queste difficoltà…”
Infine il 25 gennaio 1882 Čajkovskij scrive nuovamente a Nadĕžda von Meck: “Il Trio è terminato…adesso posso dire con una certa convinzione che non è affatto un cattivo lavoro. Ma temo che, avendo scritto tutta la vita per l’orchestra, io possa aver fallito nell’adattare le combinazioni strumentali ai miei pensieri musicali. In breve, temo di aver accordato la musica sinfonica a un Trio, anziché scrivere direttamente per gli strumenti. Ho cercato di evitarlo, ma non sono sicuro di esserci riuscito.”
Paolo Statuti
Vi invito ad ascoltare in youtube questo incantevole Trio nella storica e indimenticabile interpretazione di Lev Oborin (pianoforte), David Ojstrach (violino) e Sviatoslav Knuševizkij (violoncello), registrata a Mosca nel 1948.
(C) by Paolo Statuti