L’Italia è una repubblica fondata sul lavoro e non sul lavoratore.
Un impiegato pubblico, poco importa se molto spesso a lavoro ben oltre l’orario di servizio, senza straordinario retribuito, che viene beccato a timbrare in mutande con un panzone che segue la curvatura terrestre, diventa giustamente (si fa per dire) lo zimbello di tutta Italia.
E’ capitato ad Alberto Muraglia, vigile urbano del comune di Sanremo, 53 anni che, conclusa l’indagine, viene arrestato e messo ai domiciliari. (Provvedimento sospeso ora solo interdetto per 10 mesi dai pubblici uffici in attesa di giudizio).
L’immagine dell’uomo in canottiera e mutande davanti al lettore di badge nel corridoio ha sostituito nell’iconografia dell’italiano medio con la bava alla bocca quella di Umberto Bossi in canotta al raduno dei leghisti di un tempo. Al vetro dell’ampolla contenente l’acqua del Dio Po si è sostituito il policarbonato di un freddo registra-presenze, nuova divinità dell’Italia ipocrita e manettara che sugge il nettare acido dai fiori pentastellati.
A quella immagine, a dire il vero, si aggiungono anche i fotogrammi della figlia, minorenne, che in pigiama trimbra per il padre con filiale solerzia e insistenza, trovandosi la sua abitazione nello stesso pianerottolo della sede lavorativa.
Il fatto è che al signore in questione vengono contestati danni all’erario per un ammontare di 1200 euro (cifra risibile), molto al di sotto della spesa media in fotocopie per un iter processuale, e il falso ideologico per aver registrato una multa prima dell’orario di ingresso al lavoro.
I reati li giudicano i tribunali, chi sbaglia paga, chi rompe paga e i cocci sono suoi e tutto quello che vi viene in mente, ma ciò che sconcerta è l’accanimento, sempre più frequente, con il quale la stampa e la televisione individuano la vittima, la braccano, la incatenano alla gogna e si divertono alle sue spalle, in senso nemmeno troppo figurato.
L’uomo è stato licenziato, la vergogna è stata lavata con il sangue della telecamera nascosta sull’altare della tv pubblica e dei sapidi talk show della domenica pomeriggio, sempre in bilico sulle curve d’ascolto, spesso volutamente a far scintille sul guard rail del buongusto a bordo strada.
Ora gli italiani sono contenti, l’uomo in mutande è stato castigato, mutande antiestetiche pure, senza un briciolo di Dolce & Gabbana in vista sull’elasticone.
Si può tornare a lavorar tranquilli o a ricevere l’assegno di disoccupazione con la coscienza a posto e la certezza che forse, c’è chi è più ridicolo di noi.
I media invece lucidano la lente del mirino, si preparano ad inquadrare altri cibi succulenti sulla tavola del populismo d’accatto e il signor Muraglia verrà abbandonato nel suo purgatorio di ignomìnia.
Poco importa se fra qualche mese, se va bene, più probabile un paio d’anni, verrà fuori che il suo licenziamento poteva essere solo una semplice sospensione. Poco importa se la sua posizione risulterà la meno grave del lotto di indagati assenteisti del comune, seppur la più folkloristica. Forse importerà solo alla Leosini o forse nemmeno a lei interessata al “ditino birichino” che in questo caso non c’è stato.
E dire che sarebbe bastata una grattatina di culo.
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