Magazine Cinema

My Little Princess

Creato il 01 febbraio 2013 da Eraserhead
My Little PrincessSe dopo parecchi anni sei ancora ricordata come quella che da piccola veniva fotografata nuda dalla propria madre aspirante artista, allora è chiaro che la tua esistenza è segnata da una ferita che non si è mai rimarginata, una ferita che è diventata la tua vita.Eva Ionesco, classe ‘65, non ha infatti altri motivi per essere “famosa”: sua madre iniziò ad immortalarla in atteggiamenti provocanti fin da quando aveva 5 anni, cosicché non stupirà se a 11 era già sulle pagine di riviste come Playboy e Penthouse, ridicola, informe, e ovviamente nuda. Non sono palle perché basta gugolare un attimo per incappare in tali scatti, il fatto è che la bambina Eva non fu coinvolta soltanto nel commercio fotografico, ma, ahilei, le toccò anche far parte di un filmaccio italiano (ahinoi) come Maladolescenza (1977) in cui si mostrava come mamma l’aveva (appena) fatta. La premessa è questa ed è perciò prevedibile che nella scarpa della Ionesco il sassolino sia diventato col tempo un macigno, una matassa di rancore mai sbollito nei confronti del genitore, e lo conferma codesta intervista (link) dalla quale si può estrapolare quello che vorrebbe essere il nocciolo di My Little Princess (2011): “spogliare qualcuno, fotografarlo, rispogliarlo, rifotografarlo, non è violenza? Accompagnata da parole gentili, naturalmente: sei magnifica, sublime, meravigliosa, ti adoro.” Non a caso il titolo alternativo del film è decisamente meno corretto: I’m Not a Fucking Princess.
Perché la Ionesco abbia atteso fino al 2011 per esorcizzare su pellicola la sua non-infanzia è un interrogativo a cui presumo si accompagni una risposta di carattere economico, così trovati i soldi (a produrre c’è la France 2 Cinéma, società che muove un bel business in tutta Europa) si è messo su un cast di rilievo affidando il ruolo della madre ad una fuoriclasse come Isabelle Huppert, permettendosi inoltre di annoverare una faccia da cinema come Denis Lavant (l’alter ego di Leos Carax) in un ruolo minore. Visto da fuori il bon bon si presenta goloso: traumi infantili, tabù sessuali, disgregazione famigliare, perimetri artistici, una grande attrice. Ma una volta scartato l’acquolina in bocca scompare che è un piacere, e si prende atto di almeno due scompensi: 
- a monte c’è un problema per chi questi biopic li scrive. Bisogna saper stare in mezzo a due fuochi: raccontare i fatti e quello occhei, ma se i fatti non hanno nerbo bisogna trovare degli espedienti che donino vigore senza ovviamente snaturare il motivo conduttore. La Ionesco ci prova e può far anche piacere (il contraltare con la nonna timorosa, gli incontri con l’estrosa comunità artistica, la gita fuori porta in Inghilterra) ma gli episodi sono tali e non danno vitalità alla traccia principale che è già claudicante di per sé.  
- infatti il rapporto madre-figlia, o più in generale la questione che vede una bimba usata come oggetto da esposizione, non è in grado di far trasmigrare oltre lo schermo niente di quello che la Ionesco dice nell’intervista sopraccitata. L’odio è edulcorato, la violenza (psicologica) sbiadita per non dire latitante.
L’impressione personale è che My Little Princess sia un film che la Ionesco ha pensato più per sé che per il pubblico. Fare un’opera sulla propria vita comporta inevitabilmente l’uscita allo scoperto, Eva invece sembra nascondersi nelle sue stesse paure, espone banalmente le cose come sono andate, non approfondisce, non (si) esplora, non apre se stessa allo spettatore e in una pellicola che ha tali presupposti appare un peccato difficilmente perdonabile.

Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :