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My wor(l)d

Da Miwako
MY WOR(L)D
Ho bisogno di scrivere, questa è una certezza. Ci sono persone, avvenimenti, pensieri inconcludenti o questioni vitali di cui sento il bisogno di parlare.pensieri che meritano un post. Anche se più che di meritocrazia, si parla di ispirazione, di quel flusso di pensieri, considerazioni, idee che dalla mente necessitano di sgrogare in questo piccolo blog, di essere messi nero su bianco, non importa se si tratti di un diario, un muro, uno scontrino, o un non-luogo come il blog.Ciò che resta, ciò che conta è il mio bisogno di scrivere. Poche persone passano di qui, alcuni per sbirciare, farsi due risate o semplicemente dare un'occhiata, qualcuno arriva qui per caso, qualcun'altro ci viene regolarmente, in ogni caso so per certo che c'è una piccola nicchia di lettori silenziosi, che non lasciano traccia del loro passaggio, e ogni tanto penso che sarebbe bello sapere cosa ne pensa uno sconosciuto di un argomento di cui ho parlato, conoscere la sua esperienza, le sue idee. Mi capita di chiedermi "perchè scrivo? Come mai ne sento il bisogno?" Non conosco la risposta esatta; so che è un bisogno, non una voglia, so che dietro c'è un desiderio di esternare, condividere, parlare a me stessa e agli altri, parlare di qualcosa senza il bisogno di obbligare qualcuno ad ascoltarmi, senza dover entrare in argomento... non so, è come se pensassi :"ecco, questo è ciò che penso, ciò di cui mi va di parlare ora; non sei obbligato ad ascoltarmi, ma se ti va di saperlo leggi questo". Non credo a chi dice di scrivere per sè stesso, per lo meno non in un blog e sporattutto non nel senso più stretto dell'espressione; chi scrive per sè stesso scrive in un diario che nasconde sotto il materasso, non scive su un blog e non scrive un libro... e forse chissà, anche chi scrive un diario spera che, un giorno, la propria figlia sognerà, imparerà e si commuoverà leggendo ciò che è stato scritto lustri prima. Scrivere per se stessi , per me,significa sentire quello sfrigolio alle dita per cui non vedi l'ora di mettere le mani su una penna (o sulla tastiera), significa sentire la fame, la sete e il bisogno di scrivere, significa passeggiare in un parco al tramonto, vedere due settantenni seduti su una panchina che si tengono la mano e desiderare di avere carta e penna per raccontare ogni cosa, significa leggere un libro, una frase e, dopo averla riletta una trentina di volte, pensare che è semplicemente perfetta, un'opera d'arte, che non esiste in tutto l'universo esplorato dall'uomo una frase che descriva meglio una certa sensazione, scrivere è liberazione, dedizione, passione, a volte si scrive in preda ad una felicità incredibile, per dire al mondo come ci si sente, per fissare quel momento come nessun'altra forma d'arte o di condivisione potrebbe fare, altre volte scrivere è come vomitare, vomitare il dolore, la rabbia, la frustrazione, è come esorcizzare i propri demoni, è come avere la febbre. Ma tutto ciò, tutta questa foga, questo slancio, questa passione, trova il suo senso più pieno quando lo condividiamo con qualcuno, quando da personale diventa pubblico, fruibile, quando ciò che pensiamo arriva alla gente. Ed io amo tutto questo, amo il fatto che nonostante la sua ricchezza, la lingua sia comunque un limite, che mi permette di ragionare sul senso delle parole e delle cose, che mi costringe a dover cercare le parole che più si avvicinino a ciò che sento, amo il fatto, che, forse, quando qualcuno legge ciò che scrivo, rimane qualcosa dentro di lui, forse lo farà riflettere, commuovere, pentire, pensare, amo l'idea che per qualcuno quello che scrivo possa avere un significato, anche diverso da ciò che veramente intendevo, amo l'idea che qualcuno leggendo pensi che mi capisce, che anche per lui è esattamente così. Forse sono una visionaria, forse il rapporto tra chi scrive e chi legge, non è così immediato e genuino, forse ho questa idea idilliaca solo perchè nel mio peregrinare tra mille libri dei generi più disparati, ho spesso avuto la sensazione di intravedere l'autore dietro le sue stesse parole, di sentire quasi palpabile la passione che cresce in alcuni tratti del libro, la rabbia, la disperazione, l'ironia... E non mi riferisco alle parole, alla loro intelligibilità logica e grammaticale, quanto a ciò che esse lasciano intendere, a ciò che rivelano di chi scrive, e questa capacità di celarsi e allo stesso tempo rivelarsi da dietro le parole è un'arte che non è di tutti, ed è probabile che chi legge ciò che io scrivo non ci veda niente di tutto ciò. Ma se così fosse, anche solo per una frase che ho scritto in tutta la mia vita, anche solo per una persona, sarei felice. Sarei davvero felice.

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