Questa recensione del romanzo Missione in Alaska, di Mykle Hansen, è stata pubblicata sul numero di maggio di “Milano Nera Mag”. La ripropongo qui per chi non avesse avuto modo di mettere le mani sul cartaceo.
Marv Pushkin è quanto di peggio il sistema capitalista possa produrre: un giovane (più per autodefinizione che per età anagrafica) manager rampante, pieno di fascino e costantemente tirato a lucido; un uomo capace solo di delegare, completamente istupidito dal consumo frenetico di petrolio (complice l’amatissima Range Rover), beni di lusso e medicinali, del tutto insofferente nei confronti dei mediocri sottoposti, e arcistufo della grassa e facoltosa moglie Edna (alle cui mancanze supplisce, per fortuna, l’avvenente Marcia del “Controllo Prodotti”). Un arrivista pronto a tutto pur di portare a termine, il più in fretta possibile, la scalata della gerarchia aziendale. E poco importa se e quanta gente c’è da calpestare per arrivare in cima, e chi se ne frega dei dipendenti. Ma per attirare l’attenzione di quelli dei “piani alti” e accelerare l’ascesa, non c’è niente di meglio che puntare sul tanto decantato “gioco di squadra”; e allora perché non offrire ai sottoposti, tanto per consolidare le relazioni e favorire lo spirito di gruppo (e magari, con l’occasione, liberarsi di qualche peso morto), una bella battuta di caccia all’orso in un parco naturale dell’Alaska?
La trovata geniale si trasforma, però, in incubo, quando il diabolico dirigente cade vittima di un banale incidente…
Raccontato in prima persona e al presente dallo stesso Pushkin, la cui voce assume toni via via più surreali, onirici e deliranti man mano che l’esilarante epilogo si avvicina, Missione in Alaska, tragicommedia in forma monologica edita nel 2008 negli Stati Uniti e appena proposta ai lettori italiani da Meridiano Zero, contiene una pungente e feroce satira che, preso l’avvio dal motivo ecologico, si amplia a comprendere l’intero modo di vita americano. E il bravo Hansen non si accontenta del contenuto satirico-politico, ma si lancia in una serie di irresistibili giochi stilistici, narrativi e metanarrativi, alcuni dei quali si spiegano in tutto e per tutto solo nel riuscitissimo finale.