Ovviamente c’è una distanza assiderale tra la cinematografia metafisico-esistenziale dei registi sovietici e quella proposta da Iskanov che per vigoria complessiva è paragonabile ad una prolungata scossa elettrica, tuttavia a film ultimato mi pare di aver trovato ciò che era lecito attendersi, ossia un tipo di cinema che poggia le fondamenta sulla violenza e che edifica il proprio credo in un susseguirsi di visioni psichedeliche totalmente fuori di testa e dall’ordinario. I punti di riferimento citati da IMDb sono due capisaldi: Eraserhead (1977) e Tetsuo (1988), evidentemente il paragone è difficile e non tanto per una questione di denaro perché penso che nemmeno Lynch e Tsukamoto navigassero in un mare d’oro al tempo degli esordi, piuttosto per una contestualizzazione temporale che vede Nails (2003) arrivare inevitabilmente dopo e decisamente tardi rispetto alle opere di cui sopra, perciò si può affermare che molto era già stato detto e l’essenza di questa pellicola assume connotati un po’ derivativi. Ma Iskanov riesce comunque ad evidenziarsi per un uso massiccio del comparto sonoro curato da lui stesso capace in alcuni frangenti di dare un’aura terribile e straniante alla storia. Se si trattasse di un film più “accessibile” andrebbe sottolineata l’invadenza che la musica ha nel contesto, ma trattandosi di un esordio e di una produzione (pe)n(s)ata per un circuito lontano dalla logica del tornaconto monetario la prendiamo così com’è al pari degli SFX (anch’essi creati dal regista) molto alla buona soprattutto nei piani in dettaglio della fronte trapanata sostituita da un bambolotto di cartapesta. Si annotano inoltre dei continui flash computerizzati dall’aspetto rozzo ma caleidoscopico, e l’importanza al colore trova concretizzazione nella deriva alienante del serial-killer che si accompagna ad una graduale esplosione di tonalità che riempiono lo schermo: si parte dal bianco e nero per giungere ad un arcobaleno schizofrenico grondante sangue e materia cerebrale.
L’opera successiva è Visions of Suffering (2006), che già dal titolo non promette niente di buono.