Storia nota, intercettazioni in possesso dei giornali e in primis di Repubblica, ma mai pubblicate. Intercettazioni probabilmente senza alcun mordente adatto alla cronaca giudiziaria e divenute note soprattutto perché, al contrario di quanto è accaduto con le conversazioni del Quirinale con Mancino, non è stato sollevato dal presidente alcun conflitto di attribuzione. E allora cosa si propone Bertolaso che ora vorrebbe veder pubblicate quelle intercettazioni? Sentiamolo: “Ricordo perfettamente le telefonate e confermo che non c’è nulla di riservato. Non parlo dei contenuti e mi limito a sottolineare un dettaglio. Repubblica le ha ma non le pubblica. Non vorrei ci fosse una ragione politica. Forse leggendo il testo dei dialoghi tra Bertolaso, il braccio armato di Berlusconi e Napolitano si sarebbe finalmente capito chi era davvero il mio referente nelle difficoltà. Mi chiedo, era meglio non rivelarlo?”
Scopriamo così che dopo la caduta, Bertolaso tiene a farci sapere di non essere stato solo uno strumento della cricca e nemmeno un uomo di fiducia di Silvio, un ingranaggio dentro l’opacità del berlusconismo, ma che suoi referenti erano anche altri e più alti. Il problema è che questo non cancella affatto le res gestae di Bertolaso, ma amplia invece le responsabilità a cui si deve il declino del Paese. Un panorama nel quale acquistano senso cose che prima lasciavano solo perplessi: firme un po’ facili, tempo concesso al Cavaliere per salvarsi, un’opposizione molto urlata, ma poi più che disposta al compromesso. Insomma un mondo e un sistema politico ormai spiaggiati. Lo stesso che ora ci sta infliggendo la coda velenosa delle sue incapacità.
Dunque Non solo Silvio. Forse questo può alleggerire la coscienza di Bertolaso, ma tutto il peso mancante va altrove. Forse è un buona notizia per l’ex deus ex machina della protezione civile, ma per noi è una pessima conferma.
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