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Napoli, la città dei sette castelli. Eccoli tutti quanti

Creato il 03 marzo 2015 da Vesuviolive
Il Maschio Angioino tra arte e incanto, Leottoezerotre sul palco del castello

Castel Nuovo, o Maschio Angioino

Napoli in antico era denominata la “città dei sette castelli“, come ci ricorda anche Mimmo Sica in un suo articolo.

La città partenopea era provvista di un sistema difensivo ben studiato e che poche città potevano vantare. Castel Capuano, Castel dell’Ovo, Castel Nuovo (Maschio Angioino), Castel Sant’Elmo, Castello del Carmine, Castello di Nisida e il Forte di Vigliena, sono sistemati in maniera strategica a difesa dell’importante Golfo di Napoli.

Iniziamo il nostro viaggio immaginario da Castel Capuano, che fu eretto dal re normanno Guglielmo I, detto il Malo per distinguerlo dal figlio Guglielmo II detto il Buono. È stato così chiamato perché si trova alla fine del decumano maggiore, nei pressi di Porta Capuana (da qui iniziava la strada verso Capua). Guglielmo I lo fece costruire sulle rovine di un’antica costruzione ducale, mentre in epoca greco-romana lì sorgeva un imponente edificio pubblico, le Terme o il Ginnasio. Il castello ospitava i nobili fino a quando il viceré spagnolo don Pedro de Toledo, lo stesso che costruì i Quartieri Spagnoli, nel XVI secolo, vi riunì tutte le corti di giustizia cittadine e lo trasformò in palazzo di giustizia con carceri. Famosa è la Fontana del Formiello, costruita nel 1490 come abbeveratoio per cavalli, il “Salone dei Busti“, in cui sono esposti i busti dei maggiori giuristi esponenti della scuola giuridica e forense che a Napoli affonda le proprie radici. L’edificio oggi si può ammirare è il risultato dei restauri fatti ad opera di Giovanni Riegler.

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Castel Capuano

Sempre a Guglielmo il Malo si deve l’inizio dei lavori di Castel dell’Ovo. Esso fu costruito su una precedente fortificazione fatta da monaci che nei tempi passati si insediarono sull’isolotto del ‘Salvatore’. Il sovrano fece edificare una grande torre chiamata ‘Normandia’, con una merlatura e un antemurale a protezione dell’entrata. Secondo la leggenda, il castello trae il nome dal fatto che Virgilio, avrebbe posto sotto l’isolotto di Megaride, un uovo chiuso in una gabbietta. La sorte di Napoli sarebbe nelle mani di questo uovo, rimarrebbe al sicuro solo se esso rimane intatto.

Lungomare - Castel dell'Ovo

Castel dell’Ovo

Proseguiamo il nostro tour con il celebre Castel Nuovo, o più comunemente conosciuto come Maschio Angioino. Fu fatto costruire da Carlo I d’Angiò, quando trasferì la capitale del regno da Palermo a Napoli. Secondo il monarca Castel Capuano non poteva essere una residenza degna del re e decise che il luogo più adatto per la nuova reggia fosse quello dove sorgeva la chiesa di Santa Maria ad Palatium. Il castello era costruito su una pianta quadrilatera irregolare, con sette o otto torri, di forma cilindrica, ubicate, oltre che agli angoli anche lungo la cortina. Vi si accedeva dal lato settentrionale. Ma il sovrano che diede un forte impulso all’edilizia pubblica fu Alfonso D’Aragona, insediatosi sul trono il 26 febbraio 1443. Così si segnò un netto passaggio dal castello, inteso come fortezza e dimora signorile del medioevo e la fortezza dei tempi moderni. Non servivano più torri alte e munite di merli per fronteggiare tentativi di assalti a mezzo di scale e armi da lancio, ma torri di minore altezza e di grande diametro per proteggere da proiettili e armi da fuoco. I sotterranei del castello sono costituiti da due zone: la fossa del coccodrillo e la prigione dei Baroni. La fossa del coccodrillo, detta anche del miglio, era il deposito del grano della corte aragonese, ma era usata anche per i prigionieri. Esiste un’antica leggenda che narra di misteriose sparizioni dei prigionieri a causa di un coccodrillo che penetrava da un’apertura nel sotterraneo e trascinava in mare i detenuti per una gamba dopo averli azzannati. Nella fossa dei Baroni, invece, ci sono quattro bare senza alcuna iscrizione e sono appartenenti a quelle dei nobili che presero parte alla congiura dei Baroni nel 1485.

Castel Sant’Elmo è un castello medievale che domina la collina del Vomero. Anticamente era chiamato Patricium e sorge dove c’era una chiesa dedicata a Sant’Eframo, da cui Eramo, Ermo e poi Elmo, costruita nel X secolo. Durante la Rivoluzione Napoletana del 1799 fu conquistato dal popolo e poi occupato dai repubblicani e caduta la Repubblica, divenne la prigione dei più importanti protagonisti della rivoluzione: Giustino Fortunato, Domenico Cirillo, Francesco Pignatelli di Strongoli, Giovanni Bausan e Luisa Sanfelice. Oggi è invece un museo.

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Castel Sant’Elmo. Davanti, la Certosa di San Martino

Il Castello del Carmine o Sperone fu voluto nel 1382 da Carlo III di Durazzo. Fu collocato nell’angolo meridionale della cinta muraria cittadina nei pressi di un torrione chiamato Sperone, nel quartiere Mercato. Del castello, demolito incoscientemente nel 1906 per effettuare una colata di cemento, ne resta solo la Torre Spinella e un tratto di mura aragonesi che l’affiancano.

Il Castello di Nisida, costruito nel XVI secolo fu concepito dal vicerè Don Pedro da Toledo come vertice del sistema difensivo che si estendeva da Baia fino allo Sperone. Con la terribile peste del 1626, il vicerè Antonio Alvarez de Toledo lo adibì a lazzaretto per accogliere gli ammalati, mentre con i Borbone divenne carcere per i prigionieri politici. Oggi invece ospita la Colonia di Redenzione per i Minorenni.

nisida

Nisida

Ultima, ma non in ordine d’importanza è la Fortezza di Vigliena, di cui resta ben poco oggi. Fu costruita nel 1702 ad opera del vicerè Juan Manuel Fernandez Pacheco y Zuniga, marchese di Villena, da cui prese il nome. E’ conosciuta perché il 13 luglio 1799, centocinquanta rivoluzionari comandati dal sacerdote di Conigliano calabro Antonio Toscano furono assaltati da tre battaglioni sanfedisti del cardinale Ruffo. Toscano, in netto svantaggio, decise di dare fuoco alle polveri, causando la propria morte e quella di buona parte dei suoi uomini e dei nemici. Il forte fu, così, semidistrutto dall’esplosione e si salvò un solo repubblicano, Fabiani, che si gettò in mare prima dello scoppio.


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