Oltre un milione e mezzo di volumi, manoscritti, pergamene e tanto altro: è al laboratorio di restauro della Biblioteca Nazionale di Napoli che vengono salvati ogni giorno secoli di storia.
Situato al piano terra del Palazzo Reale, il laboratorio, intitolato ad Alberto Guarino, è un vero e proprio “ospedale per i libri”. Come pubblicato da Repubblica.it, tra le pagine ingiallite dal tempo e dalla polvere, spuntano un codice ebraico del 1517 e un manoscritto coevo, che per quattro mesi sono stati gli speciali pazienti del laboratorio, il Fondo Farnese e una tavola geografica ottocentesca che ritrae i Campi Flegrei che sono in fase di rivitalizzazione.
E’ proprio su quei tavoli di legno che sono passate anche alcune pagine scritte da Giacomo Leopardi. “L’Infinito” o “A Silvia”, con ancora gli errori, le cancellature e le scelte del grande poeta recanatese sono ancora tutte visibili.
Come viene recuperato un testo antico? A spiegarlo è la dottoressa Valeria Stanziano. Per prima cosa viene scucito il volume e numerata ogni sua pagina. Con un pennello morbido si spolvera l’opera dalla polvere o dagli insetti incastrati tra qualche legatura. Nel caso di un “restauro a umido”, il testo viene sfascicolato e ogni cucitura all’interno tagliata.
Le pagine vengono poi immerse per una ventina di minuti in una vasca con una soluzione di acqua deionizzata. Una volta purificate queste vengono lasciate ad asciugare per un giorno.
Per rafforzare la trama delle pagine viene spalmata una colla speciale su tutto il foglio. Terminata questa operazione si passa a sanare i danni con carta, velina per i tagli. Dopo aver recuperato le “pagine in pericolo”, il libro viene spianato e ricucito con enorme pazienza e professionalità.