Questa mattina il Corriere del Mezzogiorno ha pubblicato un editoriale di Antonio Polito, dal titolo: “Napoli non è una città per bambini”.
Il giornalista elenca una serie di motivazioni e dei reali limiti della città verso l’universo dei bambini e degli adolescenti meno abbienti, dato che i figli della borghesia frequentano, molto spesso, circoli o campi estivi esclusivi. Ci pone davanti dei quesiti sui quali riflettere: dove possono giocare questi bambini e dare sfogo a tutta la loro vitalità e desiderio di conoscenza? ” Restano gli spazi non attrezzati, – commenta Polito - non fatti per i bambini, gli spazi pericolosi, gli spazi dove si rischia. Allora invece che nella piscina comunale del quartiere vanno a Mappatella Beach, dove i bagnini non ci sono e ognuno per sé e Dio per tutti“.
Ovviamente una buona fetta di responsabilità ce l’hanno le istituzioni e i politici che propongono di migliorare le cose solo durante le loro propagande politiche in prossimità delle elezioni, ma una restante parte grava anche sui cittadini ” che sembrano abbastanza indifferenti a un tema che altrove è diventata una specie di ossessione sociale: il tema della sicurezza. L’Europa non ci ha portato solo guai, ma anche qualche progresso“, aggiunge il giornalista, che si riferisce al modello civile dei paesi del Nord per evitare i rischi del vivere quotidiano.
Difatti ciò è stato un impulso positivo, basti pensare solo all’abbattimento delle barriere architettoniche, alle analisi ambientali delle acque e dei terreni, all’obbligo del casco, ai defibrillatori nelle aree dove si fa sport e la sorveglianza nei luoghi pubblici. Ma a Napoli e in molti centri del meridione tutto questo non sembra essere compreso, ” Resiste un certo fatalismo, - commenta Polito - che si esprime nella icastica espressione napoletana secondo la quale ‘siamo tutti sotto al cielo’, anche se magari qualche volta dal cielo piovono massi e uccidono un ragazzo“. Anzi a volte viene sfidata la sorte con atteggiamenti più che incoscienti, come la mamma con la propria bambina in piedi sul motorino e per di più in contromano, oppure il bambino che guida l’auto in braccio al padre o i tuffi dal ponte di Castel dell’Ovo. Queste sono solo poche delle cose che si possono vedere passeggiando per Napoli, con bambini e ragazzi che rischiano la vita ogni giorno e nei modi più assurdi.
Ognuno di questi comportamenti è diventato, per noi, familiare e fanno ormai parte della cultura della nostra città, invece in un altro paese d’Europa sarebbero giudicati inammissibili, ma è responsabilità di tutti noi proteggere e tutelare i soggetti più deboli, come i bambini, che ancora ” non hanno l’esperienza necessaria per cavarsela in quella giungla che troppo spesso sono le nostre città “.
L’articolo di Polito, che sembrerebbe avere tutti i requisiti di una critica rivolta alla città partenopea, in realtà vuol far emergere un problema concreto e dirigere la nostra sensibilità e la nostra attenzione verso un futuro migliore rappresentato dai bambini e dagli adolescenti, nonché di imperare una maggiore responsabilità ai poteri pubblici e alle istituzioni.
E voi, condividete il pensiero di Polito?