La morte di Oreste Pipolo, il cosidetto “repoter dei matrimoni” e delle spose, immortalate in tutta la loro bellezza dall’obiettivo, ha lasciato un grande vuoto non solo tra i familiari, che si stringono di fronte all’immenso dolore della sua perdita ma anche nel mondo della fotografia partenopea. Una carriera fatta di numerosi e particolari scatti, tra cui un progetto incompiuto, l’ultimo a cui stava lavorando, dal nome insolito “Napoli Velata”, che rimanda subito alla statua del Cristo Velato, nella Cappella San Severo, nel cuore di Napoli.
Si tratta di un progetto fotografico molto particolare e suggestivo che immortala nei suoi scatti delle persone col volto semicoperto da un velo nero. Ma non solo. La vera insolita novità consiste nell’immortalare anche monumenti semicoperti dallo stesso velo nero. Una metafora che vuole rappresentare un aspetto critico della città di Napoli: l’impossibilità di esprimere a pieno e senza freni tutta la sua magnificenza e bellezza, devastata spesso e volentieri dall’incuria e dall’indifferenza, che uccide lentamente tutto ciò che questa città ha da offrirci… Così ha commentato il fotografo a suo tempo: “Quelle facce e quelle statue rappresentano la mia città bella, ma incapace di esprimere tutto il suo splendore”.
Qualche delucidazione in più sul progetto: oltre all’ispirazione al Cristo Velato, si rifa alla “Peste” narrata da Curzio Malaparte. Il fotografo ha spiegato che ha voluto mettere in risalto aspetti totalmente negativi della città, attraverso le immagini che parlano da sé: basta pensare ai resti del museo di Città della scienza, per citarne una delle tante. Di conseguenza ne scaturisce il parallelismo ed il legame alla filosofia di Schopenhauer, basata sul cosiddetto “velo metafisico di Maya”, che in sintesi affermava che il “vero mondo si nasconde agli occhi dell’uomo”.